Il guru della biodinamica Claude Bourguignon è qui al servizio di una collina calcarea in Val d’Orcia. Siamo nel regno avveniristico e bucolico al contempo di Pasquale Forte, al cospetto di una struttura architettonicamente imponente ma anche completamente mimetica, a seconda di dove la si guardi. Le viti sono disposte tutt’intorno a raggiera: in totale, il suo territorio costituisce un organismo vivente di 168 ettari, di cui 15 vitati, 23 di oliveti e 70 di boschi; i restanti 60 sono suddivisi fra pascoli, allevamenti e giardini. La biodinamica qui è scienza: «Lavoriamo i campi come 2mila anni fa ma in cantina siamo 200 anni avanti», dice il signor Forte, che di questa storia è la voce narrante. Lui, prestato al vino dal mondo dell’ingegneria, ha creato un universo devoto a questo metodo, che indaga apportandovi sviluppi propri: non solo cornoletame e calendari lunari, dunque, ma accorgimenti apparentemente insignificanti, come quello che vuole che le barbatelle, una volta impiantate, siano inna²ate con un imbuto di rame, una a una. Quanto all’innovazione, i terreni sono irrigati grazie a
un’avanguardistica rete idrica pensata in modo da non creare ruscellamenti, per evitare di togliere sostanze alla terra e, quindi, alle piante. Tutta l’acqua impiegata viene poi recuperata e riutilizzata anche in cantina, che si fregia di un laboratorio interno per le analisi biochimiche, mentre con l’ausilio della cromatografia si analizzano i terreni per avere un’indicazione oggettiva sulla tipologia di compost necessaria. Un mondo fatto di scienza e umanesimo, quello di Pasquale Forte e del suo podere, che ha deciso di ribattezzare le etichette col nome dell’antico proprietario della tenuta, il signor Petrucci. Dai primi tre vini — Petruccino, Petrucci e Guardiavigna — realizzati con
rese differenti a seconda dell’esposizione e del suolo, nascono poi Petrucci Melo e Petrucci Anfiteatro, due specializzazioni del sangiovese concepite a partire dall’esatta ubicazione di due vigneti e dalla rispettiva toponomastica. Comprendendo, dunque, che proprio nella differenza risiede la vera prescienza del vino, nasce il certosino lavoro di zonazione che culmina con l’isolamento di questi due cru, cui corrispondono due vinificazioni separate, ancorché identiche. Il risultato? Due vini straordinariamente differenti, ortodossi solo nel rispetto della comune, differente matrice: la terra.
Podere Forte
- 29 Novembre 2022
- Redazione