Sapori di terra e di mare – Alentejo, Portogallo
Ray Isle
Dove l’ho assaggiato per la prima volta? Nel quartiere Matosinhos di Oporto, magari dopo un antipasto di piccoli pesci fritti? A Lisbona, prima di andare a sentire Helder Moutinho cantare il fado in un bar del quale, al momento, non ricordo il nome? Nel Douro, durante uno dei tanti viaggi che mi hanno portato in quella splendida valle? Ciò di cui sono sicuro è che fosse in Portogallo. Vongole e maiale, mar e montanhas: il Portogallo è caratterizzato tanto dall’oceano Atlantico quanto lo è dalla sua terraferma. Il porco à Alentejana, ricetta originaria del sud dell’Alentejo, oggi considerata piatto nazionale, riassume entrambe le anime con semplicità e naturalezza. Il taglio utilizzato è, di solito, la spalla di maiale. La paprika abbonda. Le patate sono un elemento chiave per la riuscita della ricetta, hanno infatti il compito di assorbire il delizioso sugo, reso sapido al punto giusto dalle vongole (si può preparare tanto con le patate bollite quanto con quelle fritte). Procuratevi una pentola di grosse dimensioni, un po’ di pane abbrustolito e invitate i vostri amici a cena. E il vino? È meglio che sia bianco, per via delle vongole? O rosso, a causa del maiale? Seguite il vostro istinto. Davvero, l’umore del momento può darvi l’indicazione giusta — la cucina povera permette grande libertà di scelta. Per quel che vale, l’ultima volta che l’ho preparato, ho aperto un rosso dell’Alentejo, ed è andata alla grande.
Il dolce che nutre – Padang, Indonesia
James Oseland
Ho scoperto questo piatto dal gusto intenso alla fine degli anni 90, quando vivevo a Padang, in Indonesia. Paradossalmente, è capitato durante un evento che è quasi sinonimo di digiuno: il Ramadan, un’osservanza religiosa islamica, che prevede un rigido programma di restrizioni fisiche e un profondo esame di coscienza. È una combinazione molto intensa di pratiche fisiche e morali, e nessuno desidera più ardentemente del cibo sostanzioso come chi porta a termine il suo digiuno annuale. Il mio amico Hasanudin non faceva eccezione. Sua sorella Ari ci aveva invitato entrambi a festeggiare il Lebaran, la festa che sancisce la fine del Ramadan. Lei ci accolse — non lo dimenticherò mai — con ciotole ricolme di platani maturi stufati nel latte di cocco addolcito con zucchero di palma. Si tratta di un piatto tradizionale indonesiano che dà immediato nutrimento al corpo, solleva il morale e stimola l’appetito; l’abbiamo consumato insieme, con piacere e gratitudine. Ogni volta che lo cucino, ancora oggi, il suo sapore mi riporta alla mente la gioia collettiva di quel momento
James Oseland, già giudice di Top Chef Masters e autore di “Jimmy Neurosis: A memoir” e “Cradle of flavor: Home cooking from the spice islands of Indonesia, Singapore, and Malaysia”
Yunnan, Cina – Una grigliata sulla Via della Seta
Giorgia Freedman
In tutta la Cina lo shaokao, o barbecue, è un alimento serale o notturno, una cena veloce per tutta la famiglia, un pasto a poco prezzo per gli studenti, uno spuntino per il dopo-karaoke per il popolo dei nottambuli sulla via di casa, alle prime luci dell’alba. Gli ambulanti accendono le loro griglie al tramonto e mettono in mostra un grande assortimento di spiedini di carne e di verdure. Una volta cotti, questi vengono generosamente cosparsi di saporitissimi mix di spezie. La mia versione preferita di questo mix proviene dalla provincia dello Yunnan, nella Cina sud-occidentale. Lo Yunnan confina con Tibet, Birmania, Laos e Vietnam, ed è stato per secoli il passaggio obbligato degli scambi commerciali della Cina con l’India e il sud-est asiatico. I sapori del mix di spezie risentono dell’influenza di queste destinazioni e includono polvere di peperoncino, cumino, pepe di Sichuan e cardamomo nero. Quando preparo questo mix in casa, di solito evito gli spiedini e lo utilizzo su un altro piatto che ho imparato dai venditori ambulanti cinesi: una melanzana grigliata e ripiena di maiale saltato in padella. È facile da cuocere anche in forno e la consistenza morbida della melanzana e del maiale sono ideali per gustare l’aroma fragrante delle spezie.
Georgia Freedman, autrice di “Cooking south of the clouds: Recipes and stories from China’s Yunnan province”
Ciotole di spirito – Tagaytay, Filippine
Carlo Lamagna
Sono cresciuto mangiando la cucina filippina a Detroit, senza accorgermi di quanto la scelta di ricette della mia famiglia fosse limitata dagli ingredienti disponibili negli Stati Uniti, finché non sono tornato nelle Filippine da adulto. Il bulalo, un sostanzioso stufato con ossobuco di manzo, salsa di pesce e verza, era semplicemente molto più buono nel suo paese d’origine. Ogni volta che ci recavamo nella zona di Tagaytay con la mia famiglia, andavamo nei ristoranti specializzati in bulalo e non smettevo di meravigliarmi di come un piatto tanto semplice potesse essere così squisito. Da allora ho messo a punto, sperimentando, due versioni di questa ricetta – una più raffinata e una più casalinga – per il menu del mio ristorante, Magna, e ogni volta che la cucino penso a mio padre, che è scomparso nel 2009. Ha sempre creduto che fosse suo dovere insegnare a noi figli le radici della cultura e della cucina filippine. Io cerco di mantenere viva questa connessione emotiva, perché questo fa la cucina: evoca emozioni.
Carlo Lamagna, chef e proprietario del ristorante Magna a Portland, Oregon.
La madre di tutte le salse – Ibusa, Nigeria
Kwame Onwuachi
Obe Ata Dindin, o salsa rossa nigeriana, è molto più che una semplice ricetta — è lo scrigno dei ricordi dei due anni che ho passato a Ibusa a vivere con la mia famiglia. Il piatto preferito di mio nonno era il pollo con salsa rossa e fufu. Al mio ristorante, Kith/Kin, questo condimento aromatico e saporito (ricco di umami, grazie all’uso di dadi da brodo) è un ingrediente essenziale. La utilizzo al posto dei pomodori e dei peperoni nella salsa romesco che condisce i cavoli abbrustoliti, con il granchio del Maryland, per insaporire la salsa veracruzana che accompagna i calamari croccanti e per dare sapore e il suo caratteristico colore rosso al riso jollof. L’anno scorso, durante un viaggio in Nigeria per l’African Heritage Week, l’ho utilizzata in una delicata marmellata d’arance che accompagnava un’insalata di pomodori e cetrioli. È importante essere sempre creativi e giocosi, con questa salsa.
Kwame Onwuachi, chef di Kith/Kin a Washington, D.C., e F&W Best New Chef 2019
Isole Bahamas – Il segreto dei gamberi battuti
Carla Hall
I gamberi, di solito, mi lasciano abbastanza indifferente, posso mangiarli così come posso farne a meno. Però, quando si tratta dei miei gamberi battuti con chutney di ananas e habanero fate molta attenzione, dal momento che posso finirli in men che non si dica! Questi gamberi fritti in padella sono dorati e croccanti. Il segreto della loro croccantezza sta nella pratica della “battitura”. Quando lavoravo come chef privato alle Bahamas, ho imparato a battere gli strombi. Quel mollusco, notoriamente coriaceo, doveva essere preso a martellate per renderlo abbastanza morbido da poter essere consumato. La consistenza dei gamberi è più soffice, quindi basta un leggero passaggio con un matterello per renderli più morbidi e piatti. Così trattati, sarà sufficiente immergerli nell’olio bollente per trasformarli nei gamberi fritti più buoni che abbiate mai mangiato.
Carla Hall, autrice di “Carla Hall’s soul food” e già conduttrice del programma di ABC, The Chew
Una lezione di vita e di momo – Ladakh, India
Romy Gill
C’è così tanto, in India, che non ho ancora né visto né assaggiato: è un paese sterminato, dove la cucina cambia radicalmente da regione a regione. Sono sempre alla ricerca di nuovi ingredienti da conoscere e acquistare: così, quando ho visitato il Ladakh qualche anno fa, ho scelto di stare in una fattoria invece che in un hotel. La famiglia presso cui ero ospite mi ha mostrato come preparare i loro sottaceti piccanti, e io mi sono unita a loro nel cucinare i momo, una specie di ravioli locali. Charol, una delle mie ospiti, mi ha meravigliato per la velocità e l’apparente facilità con cui ha messo insieme una zuppa di carote e spinaci per accompagnare i momo. È stato bellissimo poter sperimentare in prima persona la cucina del posto. In quel periodo ho anche imparato molto della cultura e dello spirito del Ladakh, e adesso sono in grado di mettere in pratica le tecniche e le farciture imparate da loro per riprodurre quei ravioli anche a casa mia.
Romy Gill, insegnante e chef; Membro dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico (MBE)
Un trionfo corroborante di zucchine – Mosca, Russia
Bonnie Morales
Il nome “okroshka” deriva da un verbo che si traduce sostanzialmente con “tritare”. Nonostante conoscessi da tempo questa zuppa, solo quando sono stata a visitare Mosca mi sono resa conto di quanto fosse diffusa. In quasi tutti i negozi di gastronomia russi si può trovare un mix già pronto, provvisto di tutte le verdure e della carne necessarie per prepararla: è sufficiente aggiungere kvass (una bevanda gasata ottenuta dalla fermentazione del pane) o kefir. Vedere l’okroshka venduta in quel modo ha cambiato la mia concezione della ricetta. Al mio ristorante, Kachka, ne abbiamo sperimentate diverse versioni da allora, e una delle mie preferite è quella alle zucchine. Non appena arriva l’autunno, comincio a cercare il modo migliore di utilizzarle, e questa zuppa risponde perfettamente alle mie esigenze. L’acidità del latticello, in questa ricetta, sottolinea la moderata dolcezza e il delicato sapore del vegetale.
Bonnie Morales, chef e co-proprietaria di Kachka a Portland, Oregon
Koh Samui, Thailandia – Semplice e brillante
Preeti Mistry
Dopo un viaggio in Thailandia, lo scorso anno, ho ripreso in mano il mio pesante mortaio e pestello e non ho più smesso di utilizzarli. Da una semplice insalata di papaya a una marinatura aromatica per pesce e pollo, è una continua gioia sminuzzare curcuma, zenzero, peperoncini e altri ingredienti per creare sapori intensi e brillanti. Uno dei piatti che ho preparato durante il nostro soggiorno a Koh Samui è stato un pesce insaporito da un mix di curcuma, zenzero, aglio, pepe verde, combava e zucchero, tutti pestati nel mortaio, cotto al vapore con una manciata di spinaci d’acqua. Semplice, sano e molto saporito.
Preeti Mistry, chef e co-autrice di “The Juhu Beach Club cookbook”
Indimenticabili spiedini – Lima, Perù
Stephanie Izard
Prima di aprire il mio ristorante, Cabra, mi sono recata in Perù per passare un po’ di tempo con lo chef Gastón Acurio e provare i ristoranti di Lima, Arequipa e Cuzco. Durante una visita al quartiere Miraflores di Lima, ho avuto il piacere di pranzare in un fantastico locale chiamato Grimanesa Anticucheria. Si tratta di un piccolo ristorante gestito da Grimanesa Vargas, una signora che ha decenni di esperienza nel preparare anticuchos, ovvero spiedini di carne marinata nel peperoncino piccante, cotti sulla fiamma viva. Ha cominciato con un banchetto ambulante molto conosciuto e continua a prepararli nel suo ristorante. Il menu è essenziale e consiste di alcuni tipi di anticuchos, inclusi quelli al cuore di bue o di pollo. La marinatura è a base di peperoncini locali, gli ajì panca, dalla peculiare intensità. Da Cabra serviamo una piccola selezione di anticuchos ispirata a quegli spiedini, inclusa la versione al pollo, che viene accompagnata da salsa huacatay, un condimento cremoso e speziato aromatizzato allo huacatay, o pasta di menta nera.
Stephanie Izard, chef e proprietaria di Cabra, Duck Duck Goat, Girl & the Goat, e Little Goat a Chicago e F&W Best New Chef 2011
A cena nelle piantagioni di cacao – El Faisán, Guatemala
Maricel Presilla
Stavo visitando le piantagioni di cacao della regione di Alta Verapaz, in Guatemala, un altopiano fresco e umido, e precisamente la tenuta di un agricoltore q’eqchi’ maya, Pedro Pa Beb, situata nel piccolo ma prosperoso villaggio di El Faisán. Aveva piovuto per tutto il pomeriggio. Mentre ci apprestavamo a visitare i laboratori della cooperativa locale per osservare i recenti miglioramenti nel processo di fermentazione del cacao, siamo stati invitati in un piccolo ufficio per uno spuntino. Appena entrati, ci ha accolti un profumo inebriante: la moglie di Pedro ci aveva preparato pollo kak-ik e delle spesse, freschissime tortillas. Il kak-ik è lo stufato tipico dei q’eqchi’ dell’Alta Verapaz. Viene servito agli ospiti di riguardo ai matrimoni o in altre occasioni speciali: solitamente è preparato con del tacchino e marinato direttamente al tavolo con un mix di piccoli peperoncini cobanero o ululte e cacao, che vengono mescolati al brodo nella quantità gradita da ogni singolo commensale. Questo piatto deve il suo nome maya, kak-ik, al suo intenso color mattone, kak, e alla parola maya che indica le spezie o i peperoncini, ik. Una bevanda a base di cioccolato, chiamata batido o semplicemente “cacao”, accompagna puntualmente il kak-ik. Dolce e aromatica, con pezzetti di cacao e spezie, dà assuefazione; non si direbbe, ma è proprio quel che ci vuole tra un boccone e l’altro del sostanzioso stufato. L’ufficio era dotato di un solo, lungo tavolo. Ci siamo seduti proprio mentre il sole tramontava. La stanza non aveva luci, quindi abbiamo consumato lo stufato nella totale oscurità, senza cucchiai, sorseggiandolo direttamente dalla ciotola e strappando bocconi di pollo con le mani o con pezzi di tortilla. Il peperoncino piccante e il mix a base di cacao erano stati aggiunti al brodo in cucina e il loro aroma forte e affumicato legava tutti gli altri ingredienti in un sapore armonico ed equilibrato. Ho mangiato con appetito, sapendo già che ne avrei messo a punto una mia versione, che sono felice di condividere con voi.
Maricel Presilla, chef e proprietaria di Cucharamama e Zafra a Hoboken, New Jersey, e autrice di “Gran cocina latina”
Seasalter, Inghilterra – Un promemoria di ciò che conta davvero
Brady Williams
Il mio pasto a The Sportsman, nel ventoso paesino di Seasalter, era cominciato male e per colpa mia. Avevo annotato male l’ora della mia prenotazione ed ero giunto in ritardo alla degustazione. Per fortuna, lo staff non avrebbe potuto essere più cortese e disponibile, tanto da aiutarmi rapidamente a scorrere il menu alla carta per offrirmi comunque l’esperienza più completa possibile, sapendo che il tempo a disposizione non era molto e che avevo affrontato un lungo viaggio per partecipare a quel pranzo. Ciò che è seguito è stato un corso accelerato in semplicità: capesante cotte nel burro aromatizzato all’alga; un cosciotto di agnello al forno (direttamente dai pascoli antistanti al ristorante) con gelatina di menta; una sogliola cotta alla perfezione, servita in assoluto, spalmata di burro aromatizzato al sale affumicato e peperoncino. Dai piatti, dalla presentazione, dalla sala non traspariva alcuna concessione alle mode del momento. C’era invece la consapevolezza che la bontà del cibo vince sempre sulle apparenze, e che spesso i piatti migliori sono semplicemente la diretta conseguenza dei migliori ingredienti, nella loro veste più genuina, trattati con la massima cura e dedizione.
Brady Williams, chef di Canlis a Seattle e F&W Best New Chef 2018
Sogliola al burro affumicato
Sentirsi a casa, al mercato – Tel Aviv, Israele
Adeena Sussman
Il mercato di Tel Aviv, Carmel, un disordinato assembramento di bancarelle coperte di teli cerati, altresì chiamato shuk («mercato», appunto), non è solo una tappa della mia spesa quotidiana; è proprio la mia famiglia. Quando mi sono trasferita in Israele, quasi quattro anni fa, mi ha fatto sentire subito a casa, una casa dove i venditori hanno imparato rapidamente a conoscermi come una cliente mattiniera, piena di domande e di altrettanti ridicoli errori di pronuncia in ebraico. Amo l’atmosfera placida e sonnacchiosa del mercato di primo mattino e anche il vantaggio di essere l’inevitabile siftach di qualcuno, la prima cliente, un evento considerato il buon presagio di una giornata di fruttuoso commercio. E, in un luogo che talvolta può concentrarsi più sulla divisione che sull’unità, lo shuk è un placido esempio di convivenza e la forma più sana di mutua dipendenza. Durante le vacanze musulmane molte bancarelle sono vuote e alcuni dei miei volti familiari preferiti, assenti. Quando ritornano, l’energia dello shuk raggiunge il suo picco massimo, la prova che in Israele la somma è sempre maggiore delle sue parti. Questo è certamente il caso della stagione della mishmish (albicocca), quando mi piace acquistare gli effimeri frutti dai miei venditori preferiti, sia ebrei sia arabi. Per proteggere i fragili frutti, questi vengono riposti in contenitori di plastica e ricoperti di reti rosse, ma il mio status di cliente regolare mi concede privilegi speciali: mi è permesso di selezionare manualmente, albicocca per albicocca, quelle da destinare alla famosa torta di mia mamma. Lei ripropone spesso questo dessert in nuove versioni. C’è qualcosa nel modo in cui la crosta dolce, a metà tra la farcitura della crostata e un biscotto zuccherato, si combina con qualunque ripieno tu scelga, rendendola irresistibile. — Adeena Sussman, autrice di Sababa: Fresh, Sunny Flavors from My Israeli Kitchen
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