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Mokambo Gelateria

Ricetta di famiglia

Una storia che inizia a Napoli e prosegue in Puglia, resa attuale da Giuliana e Vincenzo Paparella.

«Quando ci dicevano che non era possibile fare un gelato con quattro ingredienti, noi abbiamo dimostrato il contrario – spiegano Giuliana e Vincenzo Paparella, alla guida di Gelateria Mokambo –. Quando ci dicevano che selezionare le fave di cacao, le nocciole e i pistacchi era una perdita di tempo, noi abbiamo continuato a farlo. Quando ci dicevano che era impossibile vendere gelati da 70 euro a Ruvo di Puglia perché “qui non siamo a New York o a Dubai”, noi siamo andati per la nostra strada. Per noi essere radicali significa essere differenti. Il nostro non è un gelato, ma un’esperienza di degustazione diversa da tutte quelle presenti sul mercato italiano». La storia di Gelateria Mokambo inizia nel 1910 con Luigi Marseglia, garzone e poi capo pasticceria del Caffè Gambrinus di Napoli. Mosso dall’amore per sua moglie, pugliese, abbandona la città partenopea per la più amena località in provincia di Bari.

Qui apre il suo Caffè Gambrinus, uno dei punti di ritrovo più chic della città. Al suo fianco c’è Vincenzo Paparella, che l’8 novembre 1967, in corso Carafa 56, apre il Bar Mokambo. Oltre al bancone, ha la vetrina dei gelati preparati con le ricette di Marseglia. Accanto a Vincenzo ci sono i due figli, Franco e Antonio, che alla morte del padre scelgono strade diverse. Antonio resta, mentre Franco si dedica all’alta ristorazione. Negli anni 90 l’insegna chiude e la città resta orfana di un gelato eccezionale. Complici i social, nel 2016 Vincenzo e Giuliana, figli di Antonio, chiamano lo zio Franco e riportano in vita il gelato di Marseglia. Oggi Mokambo è una di quelle insegne che “valgono il viaggio”. E non è solo un modo di dire. Ci sono clienti da tutto il mondo che fanno anche un’ora di fila per assaggiare un gelato autentico e radicale. Si impiegano solo zucchero, latte, uova e gli ingredienti che danno il gusto finale: fave di cacao da tutto il mondo, baccelli di vaniglia, pistacchio di Bronte Dop e nocciola delle Langhe Igp. La parola “semilavorati” è bandita. Si fa tutto alla vecchia maniera. Molazza di granito per creare le paste. Poi un passaggio nella mantecatrice Carpigiani del 1972 e sosta in pozzetto prima di finire in coni e coppette. Quello “deluxe” – da prenotare con almeno tre giorni d’anticipo – è lo Scettro del Re, gelato allo zafferano iraniano preparato su richiesta con inclusa esperienza di mantecazione e degustazione.

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