Fare un magazine è un lavoro di squadra. Un’opera collettiva. Si chiama “cucina redazionale” – e nel caso di una testata di enogastronomia come la nostra la definizione suona ancora più puntuale – l’insieme delle attività di editing e revisione, di titolazione e di selezione iconografica (e di molte altre cose ancora) indispensabile, appunto, per mandare in stampa ogni nuovo numero, prima di “servirlo” ai lettori.
Durante questo lavoro, difficile ma divertentissimo, mi accorgo del privilegio che ho (che abbiamo, grazie a un editore lungimirante) a poter ancora maneggiare e pubblicare – in un mercato editoriale in profonda crisi, che gioca sempre più al ribasso – contenuti di altissimo livello, racconti originali scritti da autentici cultori della materia, guide e consigli accurati e infallibili, straordinarie fotografie e illustrazioni d’autore. Ogni volta ci sorprendiamo, conosciamo qualcosa di nuovo, ci facciamo domande. E viaggiamo tra ricette senza confini – è questo il filo conduttore del nuovo numero. Quella firmata da Kat Kinsman è una storia non convenzionale – colta, poetica e zeppa di citazioni – sull’okra, un ortaggio conosciuto anche come gombo, di cui abbiamo una ghiotta anticipazione in copertina. Non è solo un ingrediente versatile ma un esempio perfetto del valore culturale, identitario e sociale del cibo. Con la stessa prospettiva, torniamo alle radici del vero barbecue caraibico, scopriamo il ruolo dello yogurt nella tradizione turca, impariamo a usare le foglie di banano per i wrap, ci lasciamo trasportare dai profumi e dai ricordi del kaak warka tunisino e ci perdiamo nel melting pot di Mauritius. Di Italia, questa volta, ci parla Luciana Squadrilli attraverso il fenomeno dell’oleoturismo e dell’ampio patrimonio di paesaggi, produzioni ed esperienze che uniscono bellezza e bontà. Ma facciamo tappa pure a Murano, per provare le prime cannucce di vetro prodotte sull’isola, nel ragusano, per festeggiare l’epopea familiare e l’importante anniversario del Don Serafino, e in Sardegna, per degustare un vino elegiaco e singolare, la Malvasia di Bosa. In un numero che celebra il linguaggio universale del cibo, sono felice di ospitare Quique Dacosta. Che non è solo un grande chef (e un grande amico), ma un esteta, un creativo, un divoratore di passioni, un esploratore instancabile – ricordo ancora quando mi raccontò del suo viaggio in Corea in cui 12 anziane monache gli svelarono il segreto della salsa di soia perfetta. Quique “cucina bellezza”, nel senso più ampio del termine. E oggi ce n’è molto bisogno.
Buona lettura di fine estate. E buon ascolto: sì perché la novità, da questo numero, è la playlist sinestetica di Food&Wine Italia su Spotify, che accompagna le nostre storie.
Il prossimo appuntamento è a ottobre, con il consueto speciale vino.