Ardit Curri, originario di Tirana, dopo aver completato gli studi alberghieri a Cortona e maturato alcune esperienze all’estero (tra cui quella presso Joël Robuchon in Francia), si è trasferito a San Gimignano, dove ha aperto San Martino 26 insieme a Lidia Rugi e Fabio Pernarella, curandone la cucina fino allo scorso anno. Oggi ha “ceduto” il suo ruolo tra i fornelli a Elvis Dedi, assumendo la duplice veste di direttore e responsabile di sala, senza però rinunciare al sorriso, alla simpatia e, soprattutto, alla cortesia che da sempre lo contraddistinguono.
Qui, infatti, a San Gimignano, dove spesso il turismo enogastronomico fatica a rispondere realmente a finalità di conoscenza, piacere e godimento, i piatti e i calici di questo piccolo ristorante diventano una forma di elevazione culturale. Non si tratta di sovraccaricare i sensi con informazioni, immagini, odori e sapori, piuttosto di offrire l’enorme opportunità dell’assimilazione. San Martino 26 è, in tutto e per tutto, uno spazio ameno: 20 coperti e una saletta privata che può accogliere fino a un massimo di 6 commensali, pensata per esperienze più intime ed eventi privati, dove ristorazione, ricerca e creatività trovano una forma smagliante. Inclusione, responsabilità e talento sono i pilastri di una nuova formula che propone una appassionata fusione tra persone e prodotti. Il vino – con una selezione di 700 etichette tra Italia e Francia, con occasionali incursioni in Germania e Slovenia – viene raccontato con estrema semplicità, ma con altrettanta competenza, creando una piacevolissima valorizzazione del cibo.
Ardit ha così deciso di assecondare “una crescita naturale, organica” del locale, lasciando il giusto spazio a Elvis, che propone piccole porzioni armoniose e delicate, ma al tempo stesso gustose ed equilibrate; insomma, piatti belli e buoni, all’insegna di una tecnica sopraffina. Il suo curriculum è un biglietto da visita di grande rilievo: nato anche lui in Albania, ma cresciuto in Italia, ha collezionato importanti esperienze, tra cui quella con Andrea Berton al Pisacco, oltre a periodi di formazione con altri nomi illustri del panorama fine dining, come Eugenio Boer, Mauro Colagreco, Christian Puglisi, Jean-Yves Schillinger, Clare Smyth e Norbert Niederkofler.
La filosofia di San Martino 26
La sinergia con l’ambiente si riflette anche nella proposta gastronomica. La Toscana è, di fatto, molto presente, attraverso una cucina che utilizza lo stesso vocabolario (le materie prime) e la stessa grammatica (cotture e tecniche), reinterpretate con una nuova sensibilità. Al concetto di tradizione si affianca con forza quello di luogo di origine, inteso non come mera esibizione dei frutti della terra, ma come profonda conoscenza della zona in cui si opera, dei produttori e degli artigiani che vi lavorano con costanza e passione. Ecco allora che le verdure e gli ortaggi provengono dall’azienda agricola Sant’Ulivieri di Colle Val d’Elsa, il pescato da Il Peschereccio di Volterra, e le carni dalla Macelleria Soderi al Mercato Centrale di Firenze.
Oltre al menu à la carte, è possibile scegliere tra due percorsi degustazione. Il primo, Sofra – che prende il nome dal desco attorno al quale le famiglie in Albania si riuniscono per mangiare – comprende cinque portate. Tra le proposte, il Lampredotto di calamari, garum, panino e salsa verde, e lo Gnocco con ricotta dell’azienda agricola Camporbiano, spinaci e cannella. Entrambi, oltre a trarre una raffinata spinta mediterranea di freschezza e sapore, si distinguono per una pulizia impeccabile, senza manipolazioni aggiuntive. L’altro percorso, Ajka – che significa panna di affioramento del latte, metafora de la crème de la crème – comprende sette portate. Tra i piatti più significativi della degustazione, spiccano il Filetto di vitello al latte, con patata, erbe e limone, e la Pasta Trottole con salsa al cibreo, seppia, uova di pesce, tuorlo affumicato e limone: piatti confortanti, dove la ricercatezza delle materie prime si fonde con una tecnica sicura e un’estetica fantasiosa.
In linea con l’identità costruita negli anni per San Martino 26, Elvis porta avanti una filosofia di cucina contemporanea, libera, aperta alle contaminazioni. Grazie a un’umile personalità maturata sul campo, tra innumerevoli padelle, lo chef crea piatti originali, giocando con la tradizione gastronomica toscana. I gusti autentici vengono rivisitati e valorizzati in un contesto di cucina visionaria, fatta di cura estetica. Si tratta di una politica territoriale al passo con i tempi, più umana che geografica, caratterizzata da una percezione emotiva che si nutre di stagionalità rigorosa, freschezza e relazioni proficue con le piccole realtà locali.
In estrema sintesi, la cucina si distingue per toni netti, accostamenti puliti, piacere centrato ed eleganza compositiva: preparazioni che costruiscono un ponte tra le identità dei singoli elementi e il loro abbinamento armonico. Interpretazioni di un’alta cucina spesso legata alla campagna, che oggi – più che mai – segna un passo sensibile in avanti.