In un buon manuale enoico viene spiegato che il vino naturale nasce dalla viticoltura biologica, da uve coltivate con pratiche agricole a basso impatto ambientale, vendemmia manuale, impiego di lieviti autoctoni mentre il processo di vinificazione è effettuato senza aggiunta di solfiti e conservanti. Chiunque chieda a Marco Lanzilotti la sua interpretazione sul tema lui dirà: «Quelli naturali sono vini fatti bene».
È con questa premessa che il trentenne pugliese ha costruito la carta di Sommarco, il wine bar che lui stesso ha aperto nel giugno 2021 a Carovigno, in provincia di Brindisi, dopo essersi formato come sommelier tra il Centro Italia, la California e il Sud America. «Siamo partiti con 250 etichette e oggi ne contiamo almeno cento in più ‒ spiega il patron diplomato alla Wine School di Perugia, frutto della collaborazione tra l’Università dei Sapori e la Fondazione Italiana Sommelier Umbria ‒. Alcuni vini riusciamo pure a invecchiarli per quanto poco storico abbiamo, altri invece sono da pronto consumo».
La prima vera cantina di un ristorante in cui ha lavorato Marco è stata quella de Il Convivio Troiani nella Città Eterna, vero fiore all’occhiello di questa insegna con le sue oltre 3.600 referenze nazionali e internazionali. «Là facevo il food runner durante gli anni del mio corso da sommelier. Una volta concluso il periodo di formazione sono voluto restare nel fine dining. Devo ringraziare Alessandro Pipero e Achille Sardiello che mi hanno dato la possibilità e la fiducia per organizzare la cantina dello stellato romano. Mi sono davvero divertito professionalmente». Archiviata l’esperienza capitolina, ha realizzato il suo “sogno americano”: andare in California. «Sono rimasto a San Francisco per un anno e mezzo e ho lavorato da Gary Danko, un’istituzione a livello gastronomico. Là ho potuto approfondire i vini della Napa Valley. Mi sono spostato in Colombia dove ho raccolto il caffè per una coffee farm prima di trasferirmi in Perù ed entrare al Central di Virgilio Martínez per uno stage: sono stato nel loro wine team solo per due giorni, dopodiché è scoppiata la pandemia».
L’idea di aprire un posto tutto suo è nata dopo il passaggio da Bros’ come sommelier. «Eravamo tutti under 30 e stando nella squadra di Floriano e Isa mi sono convinto di essere pronto ad avviare un business tutto mio. L’ho immaginato come poi sarebbe stato Roots e ho cercato di puntare sulle mie qualità». Quando Marco inaugurò Sommarco nel centro storico della cittadina dell’Alto Salento non c’era nessuna attività simile alla sua. Prima di lui a investire sul posto pensò Andrea Catalano con il ristorante Dissapore e dopo aprì anche Picci bar di Pierangelo Oliva, l’imprenditore che inventò la famosa discoteca di Torre Regina Giovanna (oggi chiusa). La scelta di questa posizione non è stata casuale. «Sono tornato per contribuire allo sviluppo del mio paese. Si tratta di un borgo di 16mila abitanti, autentico e non contaminato; oggi tanti stranieri stanno investendo qui è c’è un business pazzesco di terreni per costruire ville. Adesso sono loro a farmi viaggiare a casa mia». Non è il solo ad aver scelto di restare. Al suo fianco c’è il collega Luca Colaci. «Lo ritengo il mio braccio destro. Non ci volle tanto per convincerlo a lasciare Lecce dove si trasferì dopo aver concluso la sua esperienza professionale da Masseria Moroseta: noi ci conoscevamo già e lui ha creduto da subito in Sommarco. Nel giro di un mese si trasferì a Carovigno».
L’autenticità è sempre stata tra le prerogative di Marco tanto che il progetto nacque inizialmente con un orto curato proprio da lui durante la quarantena. Oggi quelle coltivazioni sono ferme a causa della mancanza di manodopera e dell’impossibilità a gestire personalmente il campo; il giovane proprietario è comunque deciso a riprendere l’attività per avviare finalmente il suo negozio di alimentari ‒ Sommarco doveva infatti essere anche grocery store ma le conserve prodotte riuscivano a soddisfare solo il fabbisogno della cucina. È sempre lui a curare la linea dei piatti, dieci finger food che escono come in un menu degustazione, calibrando i sapori da quelli freschi e aromatici dell’inizio, per poi alzare l’asticella dell’intensità e puntare su spezie e gusto umami. «Fino a qualche mese fa con me lavorava Giovanni: è grazie a lui che abbiamo trasformato questi appetizer in monoporzioni. La ricetta che più ci rappresenta è il Maritozzo con pomodoro e diavolicchio di Carovigno, un peperoncino autoctono. Per le carni usiamo solo tagli nobili, quindi filetto, controfiletto e diaframma: vengono da masserie locali e sono presenti solo su disponibilità. Quando non sono disponibili non le prendo altrove: questo mi garantisce di avere sempre la stessa qualità. Il nostro marchio di fabbrica è la glassa di fondo bruno».
Proprio con le masserie locali, il proprietario del wine bar ha organizzato un evento che quest’anno è giunto alla sua terza edizione con l’appuntamento svoltosi a inizio agosto. Si chiama “Masserie nel borgo e vini naturali” il festival che, con il patrocinio del Comune di Carovigno, unisce il territorio non solo dal punto di vista gastronomico ma anche culturale: dalla Frasca di Lamia Santolina che valorizza l’uso delle erbe spontanee locali grazie alla trasmissione dei saperi tradizionali all’Orchestrina Popolare che promuove il repertorio musicale delle barberie, come pizzica o mazurca.
Sia durante la manifestazione che nella sua enoteca con cucina, si trova una selezione ragionata e a prevalenza territoriale che è in continua evoluzione. «Di base consiglio di provare viticoltori locali. Dalla Verdeca di Simone Santoro, Truddu, un bianco rifermentato, leggero e fruttato, al Metodo Classico più buono che a mio avviso c’è in Puglia, Vittoria di Cantine Elia. Verso Bari, Cristiano Guttarolo vince per eleganza con i suoi Orange Wine, in particolare con Gia, un Trebbiano da 13 gradi, molto fresco. Sempre nella Murgia, Luca Palmieri è una certezza: fa poche bottiglie, circa 7mila. Ho il suo nuovo bianco macerato, Intrecci: devo ancora provarlo, l’ho comprato perché mi piace la sua mano e quando l’ho conosciuto mi ha dimostrato che i suoi agricoltori sono genuini e naturali proprio come i vini che produce». Prendete appunti.