Stefano Amerighi | Cortona (Arezzo) stefanoamerighi.it
Conosciutissimo tanto per il suo Syrah quanto per le posizioni ecologiche (nel senso etimologico della parola, di dialogo con la natura) Stefano Amerighi ha dato il suo nome all’azienda di Cortona, in provincia di Arezzo. Se gli si chiede da dove parte questa sua attenzione risponde dalle radici, ovvero dalla fattoria di famiglia, un organismo agricolo variegato fatto da viti, alberi da frutta, animali, ortaggi, cereali. «Ecco dov’è – spiega il vignaiolo – la differenza tra agricoltura biologica e agricoltura biodinamica: la seconda è articolata, la prima non sempre. Certo, il vino mi ha liberato dalle “catene” di un certo mondo che vedeva nella povertà dell’agricoltore un destino ineluttabile, ma siamo ancora davanti a un bivio: la specializzazione o la policoltura». Amerighi la scelta l’ha fatta tempo fa, introducendo in azienda le vacche chianine (che puliscono il vigneto dalle erbacce, producono letame per il compost e mettono al mondo vitelli da rivendere), le valdarnesi (galline ovaiole che beccano insetti e mangiano erba nell’uliveto), oltre duecento tipi di frutti antichi piantati 10 anni fa, cereali (messi a reddito anche con la produzione di una birra gueuze che uscirà per la prima volta nel 2021). Non fa tutto da solo ovviamente. La squadra è strutturata da anni ed è parte integrante di questo ecosistema: «La complessità è figlia anche delle competenze che hai contribuito a formare. Il contrario di ciò sono le cooperative: non conosci gli operai e non sai quanto vengono pagati».
Il vino: Syrah Stefano Amerighi
A detta di molti la migliore espressione di quest’uva in Italia. Saporito ed elegante grazie alla frutta rossa e alle spezie, affascinante sul finale che sa di tabacco.
Tasca d’Almerita | Contrada Regaleali, Sclafani Bagni (Palermo) tascadalmerita.it
Non è stata cosa da poco, in un momento in cui i numeri aziendali crescevano esponenzialmente (basterebbe ricordare fra gli anni Ottanta e i Novanta quante bottiglie di Regaleali Bianco e Rosso si stappassero), continuare a investire per innalzare ulteriormente l’asticella qualitativa. Ma Giuseppe Tasca D’Almerita, dopo aver preso in mano nel 1957 le redini della tenuta di famiglia (in quel di Regaleali, per l’appunto), prima punta alla valorizzazione delle uve autoctone (il Rosso del Conte, da nero d’Avola e perricone, è un “must”), poi inizia a pensare anche alle uve internazionali insieme al figlio Lucio, che lo affianca. Due capolavori come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay (chi ricorda il mitico ’91, toccato persino dalla botrite?) metteranno in fila molti concorrenti celebrati ovunque: quella a base cabernet sarà inoltre la prima etichetta siciliana dove l’uva, impiantata nel 1979, muoverà in purezza. Nel 1998 il conte Giuseppe viene a mancare ma ad aiutare Lucio arrivano i suoi eredi, Giuseppe e Alberto, con i quali l’azienda celebrerà altri successi, dagli esordi sull’Etna all’esperienza di Salina con la Tenuta Capofaro: per continuare fra gli altri con il recupero dell’antico vigneto di grillo sull’isola di Mozia, in collaborazione con la Fondazione Whitaker. Senza dimenticare il protocollo SOStain, il primo programma di sostenibilità per la vitivinicoltura italiana, seguito in tutte le tenute Tasca: dalla vigna alla cantina, fino alle pratiche energetiche e alla massima attenzione alle competenze e alle risorse locali.
Il vino: Sicilia Doc Grillo Mozia
Dai vigneti ad alberello del grillo sull’isola di Mozia si vendemmiano le uve trasferite sulla terraferma con apposite barche, per proseguire poi il viaggio in camion refrigerati verso Regaleali. Agrumi, sale, iodio: un bianco unico, sia per origini sia per caratteristiche.
Tenuta di Valgiano | Capannori (Lucca) valgiano.it
L’idea di Valgiano è stata ed è così forte da riuscire a travalicare i confini della tenuta. Un’evoluzione iniziata negli anni Novanta, mai sospesa e tantomeno finita, capace di diventare un messaggio per un intero territorio e decine di altre realtà. Se oggi si parla di distretto della biodinamica, facendo riferimento alle colline lucchesi, molto del merito è dei protagonisti di questa storia. Che hanno avviato e puntellato un progetto chiarissimo, capace di esaltare i caratteri di un luogo magnifico attraverso un profondo senso di comunità. Al vertice Moreno Petrini e Laura di Collobiano, affiancati da Saverio Petrilli. Molto vicino ad Alex Podolinsky, padre della biodinamica moderna, Petrilli unisce sensibilità, buone pratiche agricole e ragioni scientifiche, stando sempre ben attento alla misurabilità degli interventi. Tra questi, varie tisane e il famoso “preparato 500”, cioè lo sterco di vacca messo in un corno e sotterrato all’inizio dell’inverno, per essere tirato fuori in primavera. Un processo che scatena un’incredibile attività biologica e un grande numero di microrganismi, tanto da farne un efficace dinamizzante per il terreno. Lontano da ogni esoterismo, la biodinamica praticata a Valgiano è un metodo rigoroso, fulcro di un sistema che mette al centro le ragioni della natura e le reali esigenze umane, oltre che fornire la base per dei vini che sono diventati un riferimento assoluto per stile e identità, anche ben oltre i confini nazionali.
Il vino: Colline Lucchesi Doc Tenuta di Valgiano
Un vino che rende accessorie le uve utilizzate per esaltare il carattere del territorio d’origine e un’idea stilistica di fondo che cresce di vendemmia in vendemmia.
Tenute Dettori | Sennori (Sassari) tenutedettori.it
La quintessenza della Sardegna: opinioni forti e natura selvaggia, senza barriere e con un grandissimo senso di libertà che richiede rispetto. Queste sono le prime sensazioni quando visiti le Tenute Dettori nella Romangia, fertile spicchio di Logudoru tra Sassari e Castelsardo. L’azienda di Alessandro Dettori lascia aperte le porte del proprio mondo senza seguire mode o mercati. Qui c’è un’apparente semplicità che richiede un lavoro costante e una continua ricerca di conoscenza. Per i visitatori è come entrare in un mondo incantato che dà nuove prospettive al quotidiano, spesso saturo di cose superflue. Invece qui ci sono il mare e le colline con la macchia mediterranea. E tu nel mezzo. La vista dall’agriturismo e ristorante – Kent’annos, come il tradizionale augurio sardo di lunga vita – a Sennori, in provincia di Sassari, è un’immagine che difficilmente ti abbandonerà: dal cru di Badde Nicolosu al tramonto sul mare che guarda alla Corsica. La sera viene servita una cena composta di minimo dieci portate (il porceddu sardo è immancabile) che soddisfa anche i palati più sofisticati. L’accoglienza è schietta, diretta e senza fronzoli: convince se hai la mente aperta. Esattamente come i vini, fatti con vitigni tradizionali come cannonau, monica, vermentino, pascale e moscato, senza aggiunte o manipolazioni. Vini sinceri che cambiano di anno in anno e, pur non seguendo le tendenze del mercato, sono attesi da un pubblico sempre più ampio.
Il vino: Romangia Bianco Igt Renosu Dettori
Un vino bianco fatto con uve tradizionali da bere a fiumi durante serate estive conviviali. Frutta matura mescolata con la macchia mediterranea. Salato e dolce nello stesso tempo. La vicinanza al mare aggiunge quel tocco di sapidità che completa il quadro. Schietto, onesto e libero come la filosofia stessa dell’azienda.
Torrevento | Corato (Bari) torrevento.it
Castel del Monte, il maniero dalla forma ottagonale fatto costruire da Federico II di Svevia, dà il nome ad alcune delle più famose Doc e Docg pugliesi e domina da circa otto secoli le terre del Parco Rurale dell’Alta Murgia. In questo territorio ricco di eccellenze sorge la cantina Torrevento, impegnata da quasi un secolo nella tutela e valorizzazione del patrimonio storico e ambientale che la circonda. Il lavoro di Francesco Liantonio, oggi al timone dell’azienda di famiglia, parte dal senso etico e dal rispetto per la terra tramite pratiche agricole sane certificate da Equalitas, azienda che si occupa di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Torrevento controlla una superficie vitata di 500 ettari e si concentra sulla produzione di vini da vitigni autoctoni di tutta la Puglia: negli anni Novanta fu la prima a credere nel nero di Troia in purezza con il vino Vigna Pedale. Questa e altre etichette hanno raggiunto meritati successi in Italia e all’estero consacrandone il ruolo di ambasciatrice dei vini pugliesi nel mondo. La cantina si trova a Corato, in provincia di Bari, ed è aperta al pubblico tramite vari percorsi di visite e degustazioni guidate in quella che era l’antica stalla del monastero benedettino del ‘600 che oggi ospita la sede aziendale. Ma la storia qui va a braccetto con le tecnologie più all’avanguardia che, per esempio, consentono di certificare la tracciabilità del vino e del suo percorso dalla vigna al calice attraverso un QR-code in etichetta.
Il vino: Ottagono Castel del Monte Nero di Troia Riserva Docg
Un’etichetta dedicata al Castel del Monte ma anche al vitigno nero di Troia che dona alcune tra le sue migliori espressioni proprio a partire da un vigneto ai piedi della fortezza ottagonale Patrimonio Unesco.
Tramin | Termeno sulla Strada del Vino (Bolzano) cantinatramin.it
Che la coltivazione della vite e il vino siano parte integrante della cultura e del paesaggio altoatesini lo dimostrano le origini di quella che è oggi una delle più importanti realtà cooperative della regione (e dunque d’Italia), con 260 ettari e 180 famiglie legate dalla cura attenta delle vigne e del territorio e dall’obiettivo di valorizzare un patrimonio unico. Tutto inizia infatti nel 1898 per volere del parroco Christian Schrott e di alcuni viticoltori della zona. Nel 1971 la fusione con la Cantina Sociale di Egna (nata nel 1893) segna l’importante ampliamento della realtà e un ulteriore radicamento territoriale, mentre risale al 1989 la svolta qualitativa decisiva. Un percorso – tuttora in atto – di crescita costante suggellato dall’arrivo, nel 1991, dell’enologo Willi Stürz il cui lavoro sarà riconosciuto dalla critica e da numeri sempre più importanti. Ma è soprattutto negli ultimi venti anni che Tramin punta in maniera sempre più decisa su un’innovazione non solo tecnologica ma ad ampio raggio, culminata con l’inaugurazione, nel 2010, della nuova sede della cantina: un edificio moderno ma perfettamente integrato, se non connaturato, nel paesaggio, una struttura-scultura – totalmente ecocompatibile – a firma dell’architetto Werner Tscholl. È così che Tramin, già nota per i grandi vini bianchi che si fanno sempre più complessi e affascinanti, diventa a tutti gli effetti “la casa del Gewürztraminer”, vitigno aromatico che qui trova alcune delle sue espressioni migliori.
Il vino: Troy Chardonnay Riserva Alto Adige Doc
Dalle vigne di Sella, attentamente vendemmiate a mano, nasce questo affascinante bianco in cui le note di frutta tropicale si sposano a un carattere decisamente alpino, ricco di mineralità montana, succoso ed elegante.
Velenosi Vini | Ascoli Piceno velenosivini.it
Angela Piotti Velenosi – abruzzese di nascita, marchigiana di adozione – è conosciuta come la “signora del vino piceno” per la verve comunicativa e l’impegno con cui guida da 35 anni l’azienda fondata con l’allora marito Ercole Velenosi. Ed è anche grazie a lei se oggi le Marche trovano il loro posto nella mappa geografica dei winelovers internazionali (e anche italiani, a dirla tutta), con il nome di Velenosi – e quello di alcuni altri vignaioli – sulla bandierina. Con il supporto di enologi di valore come Attilio Pagli, è riuscita a valorizzare vitigni autoctoni come il pecorino (di cui realizza un’interpretazione insolita e affascinante, il Rêve) e a far andare di pari passo numeri e qualità: 145 ettari vitati di proprietà più quelli in affitto, circa due milioni e mezzo di bottiglie prodotte ogni anno ed esportate in 52 Paesi, tra vini di facile beva e punte di diamante come il Roggio del Filare. Senza mai smettere di porsi nuovi obiettivi: dalla linea biologica alla tenuta abruzzese di Controguerra, da cui nasce tra gli altri il Verso Sera, Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG. L’imperativo resta guardare avanti, nel segno della famiglia: dal 2019 la figlia Marianna, laurea alla Bocconi ed esperienza triennale in Svizzera, è la responsabile marketing e controllo di gestione. L’ha raggiunta il fratello maggiore Matteo, enologo, rientrato dalla Borgogna con un dottorato in biologia delle fermentazioni: porta la sua firma l’annata 2020, con le sperimentazioni sulle fermentazioni in bottaia e il bâtonnage manuale per il Rêve.
Il vino: Roggio del Filare Rosso Piceno Superiore Doc
Blend di montepulciano e sangiovese, prende il nome dall’immagine evocativa di un raggio di sole che filtra tra le vigne. Affinato in barrique nuove per 18 mesi, è avvolgente ed elegante con note di frutti rossi maturi e spezie.
Venissa | Venezia venissa.it
«La Laguna non ha nulla da invidiare al Canal Grande». Parole di Matteo Bisol, quasi un manifesto programmatico. Probabilmente con questa idea in testa, più di dieci anni fa, ha creato il progetto Venissa nella laguna di Venezia: vino, ristorazione, ospitalità diffusa e chissà cos’altro ancora. Soprattutto, un contenitore di concetti diventati molto concreti quali sostenibilità, responsabilità sociale, accoglienza. Nel 2002 inizia l’avventura sull’isola di Mazzorbo con la riscoperta della dorona, l’uva bianca della laguna che era praticamente scomparsa. Gli anziani di quella che chiamano la “Venezia Nativa” ancora se la ricordano, oggi dà vita a un vino raro e quasi da collezionisti. L’etichetta Venissa diventa per i Bisol il grimaldello per entrare – in punta di piedi – in un microcosmo bellissimo e fragile. Il Ristorante Venissa, l’Osteria Contemporanea, il Wine Resort, l’albergo diffuso a Burano sono tutte attività che coinvolgono le persone del posto: i pescatori che accompagnano i turisti a conoscere le tecniche di pesca, gli artigiani del merletto che svelano i segreti del ricamo, i vogatori che insegnano la voga alla veneta, i battiloro che mostrano come i metalli preziosi si trasformano in lamine sottilissime. L’orto cresce a pochi centimetri dall’acqua – l’elemento al centro di tutto – ed è qui che ha origine la cucina di Chiara Pavan e Francesco Brutto, chef del ristorante stellato. «Anche questa è sostenibilità – sottolinea Matteo – tenere in vita una cultura locale, farle riscoprire l’orgoglio di appartenenza».
Il vino: Dorona Venusa
Frutto della seconda selezione delle uve dorona – e di un percorso diverso in cantina rispetto al Venissa, con macerazione più veloce e affinamento in cemento di due anni – si contraddistingue per una grande freschezza e mineralità.
Vigneti Massa | Monleale (Alessandria)
Anarchico ma pronto a chiamare (ovviamente come provocazione) uno dei suoi vini Montecitorio, controcorrente ma capace di far squadra riunendo attorno a sé – in una zona, quella delle Valli Tortonesi, che è un giacimento enogastronomico decisamente sottovalutato – un gruppo di vignaioli che ha recuperato e salvato dall’oblio, mettendolo anzi sotto ai riflettori internazionali, il Timorasso: uva e vino ultra-locali, tradizionalmente usato come vino da taglio, ha dimostrato grazie al loro lavoro di poter essere un grande bianco da invecchiamento, pronto a sorprendere nelle diverse interpretazioni che ognuno ne ha dato sotto l’ombrello della “autodenominazione” Derthona, cui nel 2014 è seguito il riconoscimento della Doc Colli Tortonesi. Alla guida dell’azienda di famiglia fondata nel 1879 – Vigneti Massa – oggi Walter conduce 30 ettari di vigna di uve autoctone (oltre al timorasso ci sono cortese, moscato bianco, barbera, croatina e freisa), con un approccio etico che lo spinge a guardare tanto al passato quanto al futuro, in un inedito mix di ancestralità legata alla terra e al rispetto della natura e dei suoi ritmi, e uso razionale della tecnologia. Come dimostra la collaborazione con il gruppo multinazionale Guala Closures per sperimentare, primo in Europa, l’innovativa tecnologia NFC NěSTGATE e la piattaforma blockchain collegata per garantire l’autenticità del vino e della sua origine come dato oggettivo e non poesia.
Il vino: Derthona Sterpi
Complesso e potente, con sensazioni minerali e di idrocarburi, è una sontuosa interpretazione di Timorasso e uno dei grandi bianchi italiani.
Zidarich | Duino-Aurisina (Trieste) zidarich.it
Con il suo approccio schietto, radicale e senza compromessi, Zidarich è un baluardo di purezza e identità nell’affascinante territorio del Carso triestino. Basta una visita nella sua cantina scavata nella roccia, frutto di dieci anni di incredibile lavoro, o uno sguardo alle vigne che paiono tuffarsi nel mare, per comprendere quanto questo sia vero. Ed è proprio la roccia che caratterizza i suoli della sua terra ad aver convinto Benjamin a sperimentare un contenitore incredibile, arcaico e moderno al tempo stesso: una botte di pietra! Certo, la vinificazione in materiali di questo tipo ha origine in epoca preistorica ma l’intuizione arriva cercando qualcosa di alternativo al legno, che potesse legare ancor più l’azienda al territorio d’origine e valorizzare le risorse locali. Cominciano così le ricerche, grazie al prezioso lavoro di alcuni artigiani del posto che, tentativo dopo tentativo, arrivano a dare forma ad un tino unico, fatto di 5 pezzi di marmo impilati ed assemblati. Un risultato pazzesco. È qui che Zidarich lavora una parte della sua vitovska, uva simbolo del Carso. Una volta raccolta, diraspata e messa nella vasca di pietra, avvengono le fermentazioni spontanee e la macerazione del mosto sulle bucce, per circa 18 giorni. Infine il vino passa nelle botti di rovere e da lì in bottiglia. Così nasce il Kamen: pietra, appunto.
Il vino: Kamen
Vino incredibilmente simbolico che unisce i suoli del Carso, la sua varietà simbolo (vitovska), e la fermentazione in tini di pietra.
foto Cantina Tramin
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