Professionalità e cura per i dettagli da un lato, calore ed empatia dall’altro. Sono gli elementi principali che emergono parlando con tre donne di sala dai percorsi molto diversi ma accomunate dall’approccio “passionale” – nessuna di loro viene da studi alberghieri – a questo lavoro.
Sara Sanesi (nella foto di Lido Vannucchi), pratese, si laurea in Giurisprudenza; poi conosce Mirko Giannoni, chef-patron del Pepenero, e per stargli accanto alterna il lavoro in uno studio notarile alle serate al ristorante affiancando il papà di lui, il signor Marino, 88 anni di cui circa 70 di esperienza in sala; a mano a mano si appassiona, mettendo a frutto gli insegnamenti silenziosi ma preziosi – «per osmosi», dice lei – del suocero e la sua curiosità per il vino, fino a che nel 2012 decide di dedicarsi a tempo pieno al ristorante. Un impegno a 360° che va dalla complicità nell’ideazione dei piatti alla cura dei dettagli della sala che, grazie a lei, diventa una sorta di galleria d’arte. Figlia di un collezionista, Sara ha deciso di condividere a rotazione le opere di grandi artisti, da Kosuth a Michele Zaza. Ed è lei a ricercare le belle ceramiche d’epoca in cui sono serviti i piatti di Mirko. «Per me l’esperienza al ristorante va oltre il cibo e il vino, naturalmente centrali, e riguarda anche la componente estetica». Con Sara e il signor Marino lavora uno staff affiatato composto da uomini e donne; ma lei non nasconde di lavorare particolarmente bene con queste ultime: «Hanno tanta sensibilità e sono più dolci nel rapporto col cliente, cosa molto apprezzata».
Mariastella Gambardella – patronne della Taverna Rovita a Maratea, insegna storica della gemma costiera lucana – dopo il liceo linguistico va a Trieste per proseguire gli studi d’interpretariato. D’estate, però, torna in Basilicata e dà una mano nel ristorante di famiglia. Nel 2011, quando il padre scompare improvvisamente, decide di occuparsene per dare continuità ai suoi insegnamenti. «Da lui ho appreso la professionalità e la capacità di rapportarsi con i clienti, innamorandomi di un mestiere che mi dà grande felicità». Membro entusiasta all’associazione Noi di Sala, Mariastella descrive la sua accoglienza incentrata su «semplicità, classe, attenzione, senza mai essere invadente», prendendo a modello Arrigo Cipriani e coerentemente con la proposta culinaria basata su tradizione e territorio con spunti moderni. Oltre al diploma di sommelier, la conoscenza delle lingue straniere si è rivelata preziosa per riuscire a capire le esigenze degli ospiti stranieri. «Cerchiamo di offrire un servizio personalizzato, basato sulla volontà di raccontare chi siamo e di coccolare gli ospiti».
Giovanissima ma molto determinata Mariagrazia Lombardi a soli 22 anni – dopo gli studi turistici – guida la sala della Locanda Mammì, il ristorante della chef Stefania di Pasquo ad Agnone, nel Molise più interno. Dal Beneventano, nel 2013 Mariagrazia raggiunge il fratello Almerino, souschef, per lavorare in cucina nella stagione estiva. L’estate successiva, per necessità, si trova a gestire la sala e scopre che quella è la sua strada. Anche lei ha approfondito la conoscenza del vino con corsi appositi (e con la guida di Tomas Torsiello, compagno della chef e maître dell’Osteria Arbustico di Paestum) ma trova soprattutto nella naturale propensione al rapporto con il pubblico la chiave fondamentale del suo lavoro: «Ho un carattere molto socievole e mi piace accogliere le persone come se fossero ospiti a casa, pur se con professionalità». La sfida principale? «Riuscire a trasmettere ai clienti il lavoro dietro ai piatti; per fortuna noi siamo molto affiatati e c’è una grande intesa tra sala e cucina».
In collaborazione con Intrecci – Alta Formazione di Sala
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