Tra i riferimenti contemporanei della cucina romana Arcangelo Dandini è sicuramente il primo nome che viene in mente. Prima con il suo ristorante Arcangelo – Vino & Cucina e poi con Supplizio ha infatti codificato innumerevoli sapori e pietanze della tradizione, mantenendo sempre un legame solido con le sue origini territoriali (è nato a Rocca Priora) e i piatti della sua infanzia. «Non voglio fare innovazione, sono sempre stato legato alle mie radici. Rappresento la quinta generazione di ristoratori della mia famiglia e grazie a loro ho appreso le conoscenze che fanno parte ancora oggi del mio bagaglio tecnico e culturale». In occasione dei primi dieci anni di Supplizio, insegna che ha dedicato al cibo di strada capitolino per eccellenza, si è regalato una nuova sede. Dopo la primissima apertura in via dei Banchi Vecchi e la bottega al Mercato Centrale di Roma, lo chef ha inaugurato a via Bergamo, nel cuore del quartiere Pinciano. «Una sera, uscendo dal cinema, volevo andare a mangiare qualcosa e mi sono ritrovato in una vera “street food”. Ho capito da subito che questo sarebbe stato il luogo ideale per una nuova avventura».
Dopo 10 anni di successi cosa ti aspetti da questa nuova apertura?
«La cosa che mi rende orgoglioso è che in questo tempo non abbiamo mai ceduto a compromessi, siamo rimasti coerenti con noi stessi, riuscendo a trovare un equilibrio nella produzione sempre valorizzando il capitale umano. La materia prima (di qualità, ndr) è sempre la stessa: Carnaroli di Riso Buono di Cristina Brizzolari, il pomodoro di Peppe Guida, il pangrattato di Roscioli, il Parmigiano Reggiano Dop rigorosamente 36 mesi e le uova di Galline Felici. Credo di essere stato il primo ad aprire un locale in cui il supplì è stato il core business, e ne vado fiero. Nel nuovo indirizzo, avendo uno spazio più grande a disposizione, abbiamo introdotto il bancone e qualche tavolo per l’aperitivo. Nella bella stagione, inoltre, ci si potrà accomodare nella pedana esterna: sono sicuro che i nostri clienti ci premieranno, come hanno sempre fatto del resto».
Ci sono anche delle novità?
«Assolutamente. Con il mio socio Fabrizio Piazzolla abbiamo messo in carta qualche piatto in più, ma non ci discostiamo dalla formula street food. Tra le new entry si troveranno i Cannolicchi alla finta amatriciana, con aglio, pomodoro, peperoncino e pecorino, una preparazione che da piccolo mangiavo spesso; gli Gnocchi di semolino alla romana con burro e alici, cacio e pepe o burro e salvia e poi ho messo in menu anche la Trippa alla romana. Ho ampliato la cantina con referenze per la maggior parte laziali, ma più avanti vorrei inserire anche qualche etichetta francese e non solo».
Cosa rappresenta per te il supplì?
«Per me il progetto di Supplizio viene fuori da un tormento gastronomico. Da piccolo, quando ero con mia madre ad Anzio, per fare merenda mi portava sempre in rosticceria a mangiare il supplì, ne ero davvero ghiotto e ne volevo mangiare più di uno, ma eravamo 4 quattro fratelli e quindi dovevo accontentarmi. Così, ci pensava mia nonna, gran cuoca, che a casa faceva il risotto con le rigaglie di pollo e l’alloro. Ancora oggi prendo spunto dalla sua ricetta per preparare il supplì classico: io ho sostituito l’alloro con i semi di finocchio».
Da Supplizio c’è qualche ricetta delle cucine dell’Arcangelo?
«Certo. Io il supplì ce l’ho da sempre in carta al ristorante, così come il croccante di baccalà e aioli, la crema fritta, la crocchetta di patate affumicate o la mozzarella in carrozza. Poi Fabrizio mi ha convinto a mettere in menu anche altre versioni di supplì, come le varianti al gusto di carbonara, amatriciana e cacio e pepe».
Cambiando città, come procede l’esperienza londinese con Garum?
«Devo dire che sta andando benissimo, siamo vicino al quartiere di Chelsea e quindi abbiamo sia turisti sia local che sono entusiasti dell’esperienza. Si tratta di un’insegna che intreccia la proposta dell’Arcangelo con quella di Supplizio. Devo soprattutto ringraziare il mio socio Francesco Fantinel, che sta facendo un gran lavoro».
Se devi andare a mangiare da un collega romano dove vai?
«Se voglio mangiare qualcosa di più “contemporaneo” sicuramente da Marzapane o da Pastorie per un’idea fresca di cucina abruzzese. Se invece ho voglia di tradizione non ho dubbi: Armando al Pantheon».
E per una cena fine dining uscendo dai confini cittadini?
«Lido 84. Riccardo Camanini mi ha veramente “fulminato” con i suoi piatti, mi ha colpito anche il suo modo di ragionare, siamo molto affini. Stesso discorso per Massimiliano Alajamo. Loro sono tra gli chef che stimo di più».