Charlie ha 19 anni e si divide tra la passione per la recitazione e quella per la cucina, dove ambisce a un ruolo da “sous chef”. Filippo ha un anno in più, è lo stakanovista del gruppo e se esistesse un premio produzione andrebbe a lui. Lorenzo, diciannovenne, lo trovate facilmente in biblioteca quando non ha le mani in pasta. Poi c’è la coetanea Ilaria, l’artista del gruppo: sono sue le creazioni sulle pareti del laboratorio. E ancora Matteo, 26 anni, che è un fan del cavallino rampante – e chi non lo è, a Modena – e ha una grande conoscenza musicale, da Abbey Road ai più recenti album rap. E Andrea, che ha la stessa età, ed è un perfezionista: è lui l’addetto qualità del gruppo.
Sono tutti lavoratori. Abili, appassionati ed esperti. Sono tutti “tortellanti”. E sono tutti ragazzi nello spettro autistico. Insieme a loro, a condividere ogni giorno l’attività professionale, ci sono mamme e nonne, orgogliose “rezdore” (nel dialetto modenese “rezdora” significa “reggitora”, cioè colei che tradizionalmente conduce la vita familiare quotidiana: è la regina della casa, il motore della cucina emiliana e la sua memoria storica) e anche nonni e signori del quartiere che ormai fanno parte della brigata. Da novembre 2018, uno spazio dell’ex mercato ortofrutticolo di Modena ospita l’associazione di promozione sociale Tortellante, evoluzione del progetto avviato già nel 2016 da Aut Aut Modena: un laboratorio terapeutico dove giovani e adulti nello spettro autistico imparano a produrre pasta fresca.
Non una qualsiasi ma un simbolo del made in Italy, il tortellino. Tutto nasce da un’intuizione di Silvia Panini (sì, proprio l’erede della dinastia delle figurine), anche lei genitore di un ragazzo autistico, cresciuta con la mamma Emilia che faceva i tortellini in casa: perché non provare a trasmettere quest’arte culinaria ai ragazzi così da fargli sperimentare un lavoro vero e proprio? «Abbiamo inaugurato questo spazio – chiarisce Erika Coppelli, mamma di Filippo e Presidente di Tortellante – per dare risposta al vuoto sociale che i ragazzi e le famiglie si trovavano ad affrontare dopo la scuola. Il ragazzo autistico viene ancora visto come qualcuno che ha bisogno di assistenza pura, invece può fare un lavoro utile e dignitoso, diventare una risorsa della società e acquisire una propria autonomia».
L’equipe scientifica lavora sotto la supervisione di Franco Nardocci, celebre neuropsichiatra nel campo dell’autismo. Martina Rossetti e Alessandro Rebuttini sono i due psicologi coordinatori del centro, con loro un gruppo di 15 operatori con diverse professionalità: terapisti occupazionali, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica. «Quando i ragazzi sono piccoli e ricevono la diagnosi di autismo – prosegue la Coppelli – vengono seguiti dal sistema sanitario nazionale con il metodo ABA (Applied Behavior Analysis, nda), uno dei trattamenti cognitivo-comportamentali che li aiuta a imparare determinati esercizi personalizzati, in base all’attitudine e alla personalità di ognuno. Quando però arrivano alla maggiore età i trattamenti si interrompono. Una volta finita la scuola, per chi ha un autismo ad alto funzionamento ci può essere spazio in ambito lavorativo. Tutti gli altri però sono destinati a un centro diurno, e dunque assistenza pura, oppure tornano in famiglia. Con Tortellante abbiamo voluto costruire un’alternativa e prepararli al “dopo di noi”. All’inizio volevamo cominciare con 8 ragazzi ma poi hanno bussato alla porta venti famiglie».
Oggi i “tortellanti” sono 25, dai 16 ai 26 anni, di cui solo 2 femmine (l’incidenza dell’autismo è maggiore nei maschi, ma non si conoscono le ragioni). C’è chi viene la mattina e chi il pomeriggio: firmano l’entrata, mettono la cuffia e il camice, si lavano le mani e poi iniziano a lavorare: niente si improvvisa, ognuno ha un compito, c’è chi fa tutta la sequenza dal pesto al secca pasta e chi invece è un campione a chiudere il quadratino di pasta a triangolo e girare le due estremità intorno al dito. Le nonne sono circa 40, divise in turni di un paio di giorni a settimana, e sono l’anima del laboratorio perché riescono a ricreare un ambiente familiare, caloroso, accogliente e offrono ai ragazzi una nuova possibilità di socializzazione. Anche per loro Tortellante è un progetto prezioso: «Una nonna mi ha detto che l’avevamo tolta da casa – racconta ancora la Presidente – e che la sua vita ha un senso perché viene qui. Allora ho capito che siamo sulla strada giusta».
Emilia (che è la mamma di Silvia e la nonna di Paolo) è stata una delle prime che ha messo la sua sapienza al servizio del progetto, insegnando ai ragazzi come realizzare il tortellino perfetto. Mirella, nonna di Giordano, e Piero, il macellaio, si occupano di tirare la sfoglia a regola d’arte. E poi ci sono Monica e Agnese, rispettivamente mamma e nonna dell’altro Matteo del gruppo (quello più giovane), e ancora Loredana, Luciana e Mara. Fanno tortellini da tutta la vita e sono particolarmente esigenti: se pensate che chiudano un occhio con i ragazzi, sbagliate di grosso. Non accettano scorciatoie, sul secca pasta vanno solo i tortellini perfetti.
«Sono tutti fatti con amore ma ognuno è diverso dall’altro – commenta Massimo Bottura, che di Tortellante è ambassador – come devono essere quelli fatti a mano. Il tortellino deve sempre esprimere la persona che li fa. Ma un tortellino da solo non basta, è insieme che hanno valore e diventano un piatto». Quelli di Charlie – figlio dello chef di Osteria Francescana e della moglie Lara Gilmore, che è nel Comitato Direttivo di Tortellante – sono inconfondibili: con quel lembo ribelle verso l’alto, anche se alcune rezdore provano (senza successo) a insistere perchè gli faccia la piega. Stile a parte, i tortellini di Tortellante, alla prova dei fatti, sono eccellenti: noi li abbiamo assaggiati in brodo (sono quelli della nostra copertina) e con la crema di Parmigiano Reggiano (trovate la ricetta a questo link), entrambi serviti alla Franceschetta58 (sorella minore del ristorante tre stelle Michelin di via Stella), e anche senza condimento, “al tovagliolo”.
«Il valore aggiunto di questi tortellini – spiega la Gilmore – è che sono fatti da ragazzi autistici. Per essere acquistati, però, devono essere buoni. Tortellante si autosostiene attraverso la vendita e oggi ci sono molte aziende che comprano o hanno comprato i tortellini per le proprie mense. Qualche nome? Tetra Pak, Caprari, Maserati e Gucci». La catena di pizzerie Pizzikotto li ha inseriti in menu e ogni settimana ne riceve 60 chili, da distribuire nei loro locali in tutta Italia, una quantità che ha molto incrementato il lavoro dei ragazzi. Oggi la produzione si attesta su circa 650 chili di tortellini al mese, in vendita a 35 euro + IVA al chilo.
Loretta Leonardi, chef di cucina di Tortellante, conferma la soddisfazione: «Riuscire a fare un buon tortellino sul territorio e crescere nel circuito ci riempie di orgoglio. Qui ho voluto portare la ricetta di mia nonna, quella dei giorni di festa, in cui si usa solo carne di maiale, che nella tradizione contadina veniva ucciso e lavorato proprio nelle giornate di riposo. Per un ripieno gustoso servono lombo di maiale, prosciutto, mortadella e parmigiano. Con buone uova e farina si fa una sfoglia come si deve. Una ricetta semplice e vincente».
Questi tortellini sono un simbolo di autonomia, ma anche di identità. «Il progetto – conferma la Gilmore – ha dato a un gruppo di giovani e adulti un’identità diversa dall’etichetta del disabile. Anche in città sono riconosciuti come esperti, sono diventati molto di più della loro condizione. È un modo per dimostrare che tutti possono avere risorse nascoste: Charlie, ad esempio, sa fare i tortellini – cosa che sua sorella Alexa non sa fare. Anche le rezdore hanno riacquistato la loro identità, si sentono utili e parte di un progetto». Il prossimo passo potrebbe essere quello di aprire un punto vendita in centro a Modena, dove possano confrontarsi con il pubblico.
«L’obiettivo a breve-medio termine – proseguono Lara e Massimo in coro – è oltre queste mura. Vorremmo incoraggiare repliche in altre città, ad esempio a Firenze, dove i tortellini vanno alla grande anche da Gucci Osteria (l’insegna firmata da Bottura a Piazza della Signoria, nda). O magari con altri formati di pasta, ad esempio le orecchiette a Bari. I nostri ragazzi diventano sempre più responsabili e possono insegnare ad altri quello che hanno imparato».
Tortellante è un progetto che punta sulle capacità di ognuno: «C’è chi è molto portato per la cucina – interviene la Rossetti – e ama rompere le uova, chi prepara i “bisciolini” di pesto, chi aiuta a gestire il magazzino. Uno degli obiettivi del laboratorio è insegnare ai ragazzi come si sta in un ambiente di lavoro generico, a rispettare le regole, gli orari e i colleghi, a chiedere se si ha bisogno di qualcosa, a gestire una giornata con le sue difficoltà. Qui imparano ad affrontare piccoli cambiamenti nella routine, si abituano a stare in mezzo alle persone e a collaborare, si aprono a nuove esperienze».
Saliamo anche a visitare il primo piano del laboratorio, che è diventato “la palestra delle autonomie”. Lorenzo – che ci ha anche aiutato a scrivere la ricetta che trovate in queste pagine – ci prepara un ottimo caffè durante la pausa e ci spiega come in questo appartamento si allenano a vivere fuori casa lui e gli altri suoi colleghi, insieme agli operatori, un weekend al mese: «Normalmente siamo un gruppo di 4 o 5 ragazzi. Dormiamo qui, rifacciamo il letto, facciamo la lavatrice e andiamo a fare la spesa oppure usciamo, a piedi o con l’autobus, per andare al cinema oppure a prendere un gelato».
Molti dei ragazzi stanno sperimentando anche il mestiere di cameriere, così da poter collaborare a eventi e cene e mostrare in prima persona il frutto del proprio lavoro. Hanno cucinato per la Comunità di Sant’Egidio presso la Tenuta Presidenziale di Castelporziano e sono stati poi ricevuti da Mattarella al Quirinale. Sono stati ospiti della Casellati in Senato. Sono andati in trasferta con Massimo Bottura al Refettorio Ambrosiano di Milano. Tra le ultime uscite c’è stata anche una presenza sul palco del Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena, davanti a centinaia di persone, per il concerto di Natale del Banco BPM. Ed è qui che Charlie ha spiegato, nel modo più semplice ed efficace, il senso del progetto: «Tortellante è un’opportunità ed è famiglia».
Foto di Giulio Oriani e Beatrice Vergani
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