Appena si entra da Uma l’attenzione viene rapita da un complemento d’arredo del tutto inusuale. Non perché siamo fanatici degli oggetti di recupero. Sui tavoli di questo ristorante ci sono delle curiose lampade, ricavate da caraffe contenenti del kombucha, con tanto di scoby, la gelatinosa coltura di batteri e lieviti, artefice della fermentazione della bevanda. Facile intuire quale sia una delle passioni dei due chef, ma Matteo Taccini e Luigi Senese non subiscono solo influenze nordiche o fascinazioni ancestrali. Anzi, si avventurano ben volentieri nella contemporaneità e si confrontano con il territorio.
Parola d’ordine: unicità
Da Uma il filo conduttore è l’unicità. L’unicità di vedute, di due chef amici da una vita, che dopo esperienze diverse si sono ritrovati. L’unicità dell’esperienza, fruibile in un locale che, in qualche modo, punta a distinguersi nell’affollato panorama della ristorazione capitolina. L’unicità nelle ricette, ideate per sottrazione di elementi, tanto da arrivare a realizzare piatti di un solo ingrediente. È il caso dell’antipasto interamente a base di latte di bufala: kefir, latte ossidato, chips di latte ossidato, ricotta e sfere ghiacciate di siero. Oppure quello fatto di patate: marinate nello shiokoji (condimento fermentato ottenuto dal riso) e cotte alla brace. E ancora l’unicità, intesa come superamento delle dicotomie: antico e moderno, minimalismo e complessità, territorio e internazionalità. Nel menu non mancano, infatti, espliciti richiami alla romanità, quella antica dei garum, ovviamente autoprodotti e usati per insaporire le pietanze, ma anche quella delle rivisitazioni orientaleggianti dei classici della cucina popolare. Ad esempio, la “Cacio e Pepe” richiede le virgolette, poiché realizzata non con formaggio, ma con ricotta fermentata sei mesi con il koji, il fungo solitamente utilizzato per la soia o il riso (ci si fa il sakè, per intenderci). Il risultato è una sorta di miso abbastanza simile a un pecorino. La Carbonara invece diventa un dolce realizzato al tavolo. Altra grande protagonista della cucina di Uma è la brace per cotture dirette sul fuoco: altro che sottovuoto e sous vide!
La formula
È possibile ordinare alla carta, ma è certamente consigliato il percorso degustazione da 8 portate a un prezzo sorprendente: 50 euro. Una scelta ben precisa, con la quale Uma punta a conquistare le attenzioni non soltanto dei foodies più accaniti, ma anche di una clientela locale, in un quartiere ancora autentico come Garbatella.
Bevande e fornitori
I nomi dei fornitori sono tutti evidenziati sul menu: un modo per restituire loro visibilità ma soprattutto per accreditarsi agli occhi degli ospiti più attenti, che sapranno apprezzare la selezione di artigiani e contadini ormai noti. Carta di vini esclusivamente italiani, tra referenze naturali e convenzionali. Le birre sono del birrificio artigianale romano Rebel’s. Una piccola carta di Gin Tonic, realizzata con distillati artigianali dalle botaniche diverse, rappresenta un’ulteriore valida alternativa. E poi c’è qualche kombucha, oltre a quello delle lampade, s’intende.