la clarice umbria

Umbria, green e sinergica

Dall’olio extravergine – in frantoio e a tavola – alla coltivazione di erbe, frutti e fiori de La Clarice: la regione del Centro Italia conferma il suo “cuore verde”. E alle pendici di Assisi trova nuove sinergie, in campo e oltre.

Un lembo di terra rettangolare alle porte di Cannara all’apparenza incolto, circondato da campi di cipolle e casali un po’ sgarrupati, nasconde il piccolo ma prezioso regno verde dei giovani fratelli Narcisi, Diego e Davide. Il primo, più giovane, con alle spalle studi in Lingue, il secondo laureato in Agraria, entrambi musicisti – suonavano in una band di rock elettronico –, nel 2021 hanno deciso di mettere mano al terreno del nonno, ormai abbandonato. E invece di coltivare cipolle, come tutti fanno su questa terra povera di sostanze nutritive ma perfetta per far crescere bulbi dolci e saporiti, hanno deciso di puntare su specie botaniche rare e sorprendenti, pensando alla ristorazione: “Ci siamo messi a ragionare su che tipo di servizio potesse essere utile agli chef e non esistesse ancora”, spiega Diego raccontando come è nata La Clarice, il loro orto sinergico il cui nome rimanda alla protagonista del film Il Silenzio degli Innocenti (ma si pronuncia all’italiana, frutto di un divertente equivoco linguistico che ha poi trovato un suo senso) e alla ricerca dell’essenza delle cose.

“Certo, ci sono alcuni che si dedicano personalmente al foraging ma non tutti hanno modo e tempo di farlo. Così, noi abbiamo pensato di coltivare o di raccogliere erbe e piante particolari, selezionandole in base alle esigenze specifiche di ciascuno chef e consegnandole presso i loro locali nel nostro packaging con accorgimenti tali da farle arrivare nelle migliori condizioni possibili e pronte da usare nei piatti”. Detta così potrebbe sembrare un’idea di marketing studiata a tavolino. Ma, conoscendo i fratelli Narcisi, si capisce che il progetto basa soprattutto su passione e (tanto) lavoro: dal reperimento dei semi – attraverso una rete di rapporti con ricercatori, associazioni no-profit e contadini-custodi – alla cura del semenzaio, dalla preparazione dei cassoni o del terreno (alla cui “povertà” si ovvia con la permacultura, lasciando che le piante si adattino naturalmente e associando specie vegetali complementari capaci di assorbire nutrimento in profondità rendendolo accessibile anche alle altre o di rilasciare sali minerali preziosi), fino alla raccolta.

Tra i filari di Cannara, dalla primavera all’estate crescono erbe, fiori e frutti spesso sorprendenti, talvolta frutto d’incroci ribattezzati in modo fantasioso: dall’Artemisia Brotanum (le cui foglioline ramificate hanno un netto sapore di Coca-Cola!) allo “spinacio fragola”, infiorescenza colorata che si comporta come un frutto di bosco, fino alle tantissime varietà di pomodori (un centinaio circa) tra cui spiccano il Tomatillo che sa di formaggio, il pomodoro “pelle di pesca” dalla buccia che sembra velluto e il Solanum Nigrum, minuscolo pomo nero che sembra un mirtillo, frutto dell’ibridazione sperimentale tra pomodoro e morella (un frutto tossico, ma possiamo testimoniare personalmente che il pomodoro è perfettamente commestibile). E poi, visto che non potevano mancare le cipolle, hanno piantato una specie egiziana detta cipolla strisciante, perché dà piccoli bulbi apicali – invece che sotterranei – che quando maturano fanno piegare lo stelo verso la terra e mettono così nuove radici.
In alternativa, soprattutto nei mesi in cui l’orto è fermo, i ragazzi s’inerpicano verso Pale, nel territorio boschivo quasi fiabesco della Valle del Menotre, a pochi chilometri di distanza, dove tra cascate e scorci suggestivi raccolgono erbe e bacche selvatiche. Il lavoro con gli chef – tra i loro clienti c’è pure Niki De Mosca Sergeev, 1 stella Michelin all’Arcade di Porto San Giorgio, nelle Marche, ai cuochi umbri come Lorenzo Cantoni de Il Frantoio e Giulio Gigli di Une – è sartoriale e costante, frutto di uno scambio continuo, per creare misticanze adatte a ciascuna cucina e a ciascun piatto.

Ma l’entusiasmo dei fratelli Narcisi fa sì che il progetto vada ben oltre i confini del loro appezzamento: dai contatti con altri “colleghi” come Emanuele John Cavaiolo (alias La Capra Selvatica, botanico e forager campano di stanza a Paestum) agli scambi di semi e piante pure con chef come Gianfranco Pascucci (che gli ha regalato un raro fiore di Aglio delle Isole da cui sono nate le loro piante dai germogli intensamente saporiti, nella foto).
Dalla collaborazione con un’eccellenza olivicola del territorio – il vicino Frantoio Decimi, a Bettona, dove Graziano e Romina Decimi realizzano oli eleganti e identitari – nasce invece il progetto Componimento: l’unione armonica tra due realtà attraverso l’assemblaggio di tantissimi tipi di erbe e fiori eduli (che variano di stagione in stagione, naturalmente, prendendo di volta in volta un nome musicale) in un’”insalata” da condire con Emozione, il blend di Moraiolo, Frantoio, Leccino e San Felice di Decimi. Iniziata con “Crescendo” (fatta da circa 100 varietà tipiche del periodo primaverile e di inizio estate), e proseguita con “Arpeggio” (con circa 120 varietà estive), si concluderà in autunno con il componimento “Finale”, un insieme di 150 erbe, ortaggi e frutti di bosco raccolti in campo o in natura. Non si tratta solo di un ”piatto” ma di un vero percorso di conoscenza sensoriale alla scoperta del territorio, che va dall’orto al frantoio (dotato di una bella sala degustazione per chi volesse approfondire l’assaggio di tutti i prodotti) facendo tappa anche nel bosco e alla Locanda di Nonna Tina di Samuele Proietti a Pale, per una food experience decisamente immersiva.

Chi invece alle passeggiate preferisce la comodità di un ristorante curato e accogliente può dirigersi verso il centro storico di Assisi, schivando trattorie turistiche e sciami di pellegrini-visitatori per sedersi ai tavoli de Il Frantoio: premiato come Miglior Ristorante dell’Olio 2022 nell’ambito del Concorso Nazionale Turismo dell’Olio, il ristorante del Fontebella Palace Hotel – gestito da più generazioni dalla famiglia Angeletti, in un palazzo nobiliare collegato all’antico frantoio dove è ricavata la bella sala con terrazza panoramica – è da poco più di un anno affidato allo chef umbro Lorenzo Cantoni, che ha qui trovato la sede ideale (a cominciare dal nome) per la sua cucina improntata alla valorizzazione dell’extravergine. Così, a ultimare suoi piatti d’impronta insieme creativa e territoriale arrivano in tavola le migliori etichette di olio regionali e non solo, a cominciare da Elly & Ello, blend di Moraiolo, San Felice, Leccino, Frantoio dedicato a Elena Angeletti e Lorenzo da Graziano Decimi; e nelle portate del menu ritroviamo anche i prodotti de La Clarice: dalle foglie di shiso che tornano in vari piatti alle erbe spontanee che accompagnano la tartare di capriolo marinata a ultrasuoni nel “finto osso” di topinambur e caprino.

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