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Dakar

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Uno chef a Dakar

Al Noliane Restaurant, nella capitale del senegal, Alessandro Merlo propone una riuscita cucina contemporanea in cui s’incontrano ingredienti locali e gusto italiano.

“Il bambino che non è mai uscito di casa pensa che solo sua madre sa fare bene il sugo”. Il proverbio senegalese potrebbe adattarsi bene al campanilismo gastronomico italiano. Ma di certo non riguarda Alessandro Merlo. Nato e cresciuto ad Acqui Terme, nell’Alto Monferrato, ha raccolto passione ed etica del lavoro dai genitori – il padre Renato, panettiere di lungo corso, è ancora alla guida della sua vineria – mettendole però in valigia da giovanissimo: a 16 anni, durante gli studi alberghieri, la prima trasferta nel Regno Unito, cui ha fatto seguito una carriera che lo ha portato negli Stati Uniti – per 12 anni tra Los Angeles e New York –, in Giappone, per approfondire la conoscenza del sake e infine a Parigi, dove oggi vivono le giovani figlie Noliane ed Ella. Sommelier con un background formativo e personale in cucina, ne ha imparato i segreti dagli chef con cui si è trovato a collaborare, a partire dal celebre Valentino di Piero Selvaggio, a lungo il più noto ristorante italiano della California.

Dopo tanto girovagare, una decina di anni fa Merlo ha deciso che la sua casa sarebbe stata a Dakar, Senegal, nel Paese d’origine della partner – di vita e lavoro – Souadou Niang, anche lei con una brillante carriera manageriale nell’hôtellerie internazionale. Insieme, cercavano un luogo che offrisse un passo più lento ma anche nuovi stimoli e la possibilità di investire in un progetto loro. Lo hanno trovato tra le palme, le scogliere e le case imbiancate di Les Almadies, quartiere residenziale della penisola di Capo Verde su cui si estende la capitale del Senegal. Molti la conoscono soprattutto per il leggendario rally che attraversava il deserto del Sahara (oggi si svolge in Arabia Saudita) e per la vicina isola di Gorée, piccolo paradiso di acque cristalline, buganvillee in fiore e basse case colorate che dal 1978 è Patrimonio dell’umanità Unesco – da qui, tra il XV e il XIX secolo, partirono verso le Americhe migliaia di africani resi schiavi, un doloroso passato ricordato dalla Maison des Esclaves, museo aperto al pubblico e ospitato in una struttura coloniale. Mentre sono ancora pochi i viaggiatori che sbarcano all’aeroporto Blaise Diagne per turismo.

Considerato il quartiere più esclusivo dell’Africa centrale e occidentale, Les Almadies appare come un cantiere perpetuo al pari del resto della città, per assecondarne la crescita dovuta alla rara stabilità che rende il Senegal il Paese africano prediletto da chi vuole investire, chi lavora con i turbolenti stati limitrofi o chi cerca un buen retiro sereno ed economico. Almeno due grandi alberghi affiancheranno presto le eleganti residenze di ambasciatori ed expat, i locali notturni e i ristorantini sulla scogliera dove si mangiano pesci e molluschi appena pescati. È in una villetta bianca circondata da un verde curato tra cui svettano alcune palme, sculture locali e una piccola piscina che Merlo e Niang hanno costruito la loro “casa”: The Palms. Boutique hotel pensato per una clientela d’affari privilegiando la funzionalità ma senza trascurare piacevoli dettagli – dai quadri realizzati dallo stesso chef ai tessuti che riprendono i motivi tradizionali con gusto contemporaneo, fino ai massaggi della bravissima Letizia: prenotatene uno, sarà tra i migliori della vostra vita –, è nato attorno al primo progetto gastronomico di Alessandro Merlo, che oggi si chiama Noliane Restaurant ed è praticamente l’unico indirizzo di fine dining di Dakar.

«Inizialmente avevamo aperto uno spazio più piccolo, con sei tavoli e un menu degustazione. Dopo otto mesi abbiamo avuto l’occasione di comprare questa casa abbandonata, così abbiamo costruito l’albergo e spostato il ristorante, investendo tutti i nostri soldi», racconta. Una bella scommessa rivelatasi vincente: nel 2020, in piena pandemia, hanno deciso di ampliare gli spazi creando l’accogliente e informale Noliane Bistrot, molto amato dagli europei che qui trovano croissant e uova per colazione, ciabatte farcite e hamburger, insalate e piatti di pasta, pizze – a partire dall’eccellente Marinara – o il poderoso croque-monsieur Renato, omaggio al papà con bresaola, funghi, fonduta di formaggio, aceto balsamico e origano. Infine, è nato l’Ella’s Wine Bar: angolo dedicato al vino – con referenze di pregio e piccole chicche da viticoltura biodinamica tra Francia e Italia – che il giovedì sera anima anche il giardino dell’hotel per le serate con calici, tapas e sigari organizzate con la “Madame Vin” Martine Faye, importatrice di belle bottiglie. Il cuore del progetto, però, resta il ristorante gastronomico. E se l’insegna originaria – Barolo – tracciava un chiaro legame con il Piemonte e con il vino, seduti ai tavoli della bella sala in cui la carta da parati di stampo coloniale, le tovaglie in lino di Quagliotti e i dettagli di gusto africano prendono un’allure contemporanea e non scontata, riesce difficile definirlo un “ristorante italiano”, secondo i cliché della cucina nostrana all’estero. Piuttosto, quella di Merlo è una cucina “del mondo”, grazie alla commistione intelligente tra ispirazioni italiane, impronta francese, tecniche moderne e ingredienti locali.

Così – tra il menu Carte Blanche in cui ci si affida allo chef, quelli costruiti attorno a materie pregiate come caviale (rigorosamente italiano), aragosta e foie gras o le proposte della carta – in tavola possono arrivare un vitello tonnato da manuale, degli asparagi verdi (coltivati nel vicino orto di Bajak) al barbecue con Robiola di Roccaverano, miele di castagne e nocciola Tonda Gentile o un’insalatina di Capesante e jalapeño in cui le arachidi, protagoniste dell’agricoltura senegalese e di piatti tipici come il mafé, bilanciano la dolcezza dei molluschi. Le patate dolci, ingrediente del piatto nazionale Thiéboudienne – piccante e speziato stufato di riso, pesce, patate e verdure – diventano materia prima per i deliziosi Gnocchi con burrata, caviale e cozze, ma anche per le squisite patate fritte del bistrot. Mentre il Thiof Royal – prelibato pesce atlantico che Merlo si aggiudica al mercato locale, da cui parte molto del pesce venduto sui banchi delle nostre pescherie – incontra l’aglio nero di Voghiera e l’extra- vergine ligure.

Non che sia stato facile: se proporre una valida cucina italiana in Paesi dove le insegne nostrane e internazionali abbondano, farlo dove non ci sono importatori e canali commerciali è ben diverso. Per non parlare del personale: oggi, però, uno dei punti di forza è proprio la squadra, africana al 100% e istruita – spesso partendo da zero – da Alessandro e Souadou, affiancati da qualche tempo da Fatou, la figlia maggiore di lei, che ne ha seguito le orme lavorando per il gruppo Waldorf Astoria negli Stati Uniti prima di sentire il richiamo dell’Africa. Con il progetto che ha battezzato Life Chance-Life Change, Merlo dà solide basi professionali, e dunque prospettive lavorative e personali, ben diverse da quelli comunemente alla portata di chi nasce in Africa lontano da condizioni privilegiate. Ad esempio c’è Achille Diémé, sous-chef assieme alla fidata Florance Napo. Della regione della Casamance, lavorava nelle cucine di semplici ristoranti locali mentre accanto a chef Merlo ha imparato a conoscere ingredienti e tecniche italiani – a cominciare dalla perfetta mantecatura del risotto – e a gestire la cucina di un ristorante gastronomico, con le sue gerarchie e i suoi ritmi. C’è Antoine Kossel Diatta, con loro fin dall’apertura, che doveva arruolarsi ma ha preferito seguire il sogno di lavorare nell’hôtellerie: ha iniziato come runner e oggi è maître e sommelier, e ama la sfida di essere pionieri dell’alta cucina nel suo Paese. E c’è Lizzie Koka, ruandese che lavorava a Kigali: ha iniziato come hostess di sala e adesso è l’impeccabile e sorridente restaurant manager. Insieme, grazie all’impegno di Alessandro Merlo per ottenere visti e permessi oltre alla copertura delle spese, sono stati in Piemonte per conoscere da vicino cultura gastronomica e ospitalità italiane visitando ristoranti e cantine.

«Abbiamo aperto con otto dipendenti, ora superiamo i 70. Spesso chi fa imprenditoria in Africa lo fa in modo approssimativo dicendo che tanto qui funziona lo stesso. Ma per noi non ci sono scuse: volevamo farlo bene, creando un luogo che potesse funzionare anche a Milano, New York o Londra», spiega Merlo senza nascondere che prima o poi lui e Souadou potrebbero decidere di tornare nel vortice delle metropoli. Sorseggiando un drink seduti al chiosco sulla spiaggia immacolata di Saly, località balneare poco distante da Dakar dove hanno una villetta per i break veloci, mentre il sole tramonta, gli uccelli cinguettano e i ragazzi locali si riuniscono con le chitarre sulla sabbia, sembra però una prospettiva estremamente remota.

I consigli di Alessandro Merlo per godersi Dakar

Le Kermel

Di fronte all’omonimo mercato non distante dal porto, questo semplice localino dal fascino rétro è ideale per una birra rinfrescante accompagnata da qualche tapa.
lekermel.com

Le Lagon 1

Fondato dalla famiglia Calendini nel 1956, questo ristorante con un’ampia sala a tema marinaro, tavoli all’aperto, una piccola spiaggia e ombrelloni e lettini sul pontile che guarda verso l’isola di Gorée, propone una valida cucina di pesce.
lelagondakar.com

Beluga

Ristorante e cevicheria dall’ambiente moderno e curato, propone un’interessante cucina contemporanea e fusion a base di carne e di pesce.
162 Rue Moussé Diop, Dakar

Hotel Terrou-Bi

L’elegante resort a cinque stelle con spiaggia privata e piscina accessibili anche per gli ospiti esterni è l’ideale per trascorrere una giornata di relax in città. Dispone anche di spa, casino e ristorante pieds dans l’eau.
terroubi.com

Phare des Mamelles

Costruito nel 1864 e conside- rato il più potente dell’Africa insieme a quello del Capo di Buona Speranza, il faro ospita un museo, un negozio di souvenir, e un bar e ristorante che organizza anche serate musicali e DJ set. Veniteci per l’aperitivo al tramonto, a godervi vista e atmosfera.
pharedesmamelles.sn

Come arrivare

Al momento ci sono due collegamenti diretti per Dakar dall’Italia: da Verona vola la compagnia Neos, che atterra all’aeroporto Léopold Sédar Senghor. ITA vola invece da Roma Fiumicino al Blaise Diagne. Ci sono poi altri voli in connessione con TAP.

Maggiori informazioni

Foto di Clément Tardif

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