Piatto di Oro, ristorante del Belmond Hotel Cipriani

Venezia

Bella e possibile: tra location strepitose, tesori gastronomici e sensibilità di chef pluristellati, la Laguna non è mai stata così accogliente e generosa.

Forse vi starete domandando: che ci fa una delle città più celebri e visitate al mondo nella nostra lista? La verità è che dal punto di vista gastronomico la Serenissima è stata sempre una bellissima cartolina ferma nel tempo (oh, com’è romantico sorseggiare un Bellini all’Harry’s Bar!), popolare più per ragioni sbagliate e stereotipi – locali acchiappaturisti, menu polverosi e scontrini pazzi – che per la qualità e la passione di osti e cuochi. Ecco dunque la risposta: Venezia oggi è un’altra città, che sta vivendo una fortunata rinascita fomentata dall’arrivo di grandi nomi (e investimenti). E si è trasformata in una delle nuove capitali italiane del cibo (e del bere miscelato: la novità si chiama Venice Cocktail Week), con un’offerta ricca e trasversale, dai cicheti – tipiche tapas — servite insieme a un’ombra (un calice) nei bacari. Trovare quelli autentici non è facile, ma uscendo dai soliti giri ci si può affidare a “Bacarando”, la prima guida social che ha mappato una serie di esercizi, testati e approvati dagli stessi veneziani. Per andare sul sicuro, provate Cantine del Vino già Schiavi, posto del cuore di molti dove si beve e si mangia rigorosamente in piedi. Per confondersi con i local bisogna ordinare un ramato. Cosa aspettarvi? Un pinot grigio a metà tra un rosato e un orange wine. La prima enoteca di Venezia dedicata al vino naturale (correva l’anno 2014) si chiama Vino Vero con una formula conviviale, perfetta da fruire seduti sul muretto vista canale. Un buon motivo per tornare è il loro wine club adiacente che ospita opere site-specific di artisti internazionali, tutte sul tema della natura. Per questa insegna il mondo dell’arte è stato terreno fertile per nuove collaborazioni, come dimostra la recente sinergia con le due sedi veneziane della Collezione Pinault, una a Palazzo Grassi e l’altra a Punta della Dogana, di cui il bacaro cura gli outlet ristorativi. Il destino della città lagunare continua a essere cullato dalle sue acque e segnato da felici sbarchi. Tra gli ultimi c’è quello del friulano Emanuele Scarello (il suo nome lo ritroverete ancora nelle prossime pagine) che, dalla piccola frazione di Godia in provincia di Udine, illuminata dal suo due stelle Michelin Agli Amici 1887, è approdato nella suggestiva Isola delle Rose – difficile dimenticare l’ingresso in motoscafo nella darsena principale d’attracco – per firmare il menu del Dopolavoro al JW Marriott Venice Resort & Spa. In fondo a un sentiero di ulivi – il loro extravergine proviene proprio da qui – si cena all’interno di un edificio in stile industriale circondato dal verde. Prima di scegliere uno dei due degustazione (uno di laguna e carne, l’altro sul mondo vegetale) concedetevi un aperitivo nel dehors, magari accompagnato dall’Olivia’s Garden, signature cocktail con Gin Agli Amici e olio Evo fait maison. Per chi avesse un’improvvisa voglia di pizza, ci sono sempre gli spicchi gourmet di Renato Bosco.

Nel segno di un (gradito) ritorno è, invece, la storia di Riccardo Canella, ex sous chef di René Redzepi che ha messo il suo talento cristallino e la sua profondità di pensiero al servizio del leggendario Belmond Hotel Cipriani, riorganizzando la proposta gastronomica, dalle colazioni al fine dining Oro. Se lo stellato – aperto solo la sera – persegue una profonda riflessione su materie prime locali, reinterpretate in modo creativo in un menu artistico che fa addentare maschere veneziane al gusto di alghe e petali o “mangiare Murano” in formato raviolo multicolor ripieno di trippa di merluzzo, nei mesi estivi è Il Porticciolo la scelta migliore per un pranzo a base di crudi di mare e Champagne.

E a proposito di hôtellerie e menu d’autore: non si può non menzionare il ristorante Dama dell’hotel Ca’ Bonfadini aperto da Lorenzo Cogo, il progetto firmato dal “dolomitico” Norbert Niederkofler per Aman Venice e il Glam di Enrico Bartolini dentro Palazzo Venart, guidato dall’ottimo Donato Ascani, che esprime il fascino di Venezia e il suo legame con il mare. Che ceniate nella rinnovata sala del bistellato o nel giardino d’ingresso aperto nella bella stagione (quello vista canale è apparecchiato solo per le colazioni), la laguna non vi abbandonerà: dalle iconiche Acquadelle in tre salse quante sono le panature usate, alla irrinunciabile Seppia alla brace che non spreca il suo nero e le interiora, fino alle recenti prove con il granchio blu moecato, ma questa è ancora una scommessa.

Da pericolo dei mari a risorsa gastronomica, il granchio blu è anche il condimento della Tostada di Bacan – i proprietari, Marco e Silvia, italiano lui e spagnola lei, sono gli stessi che hanno aperto Birraria La Corte, famosa per la pizza quanto per le patatas bravas – uno dei nuovi indirizzi in città per sperimentare una cucina latino-americana, sì ma con ingredienti di prossimità. Imperdibili sono anche i gamberetti di laguna usati nel guacamole da abbinare con una dissetante Michelada, drink messicano a base di birra che ricorda il Bloody Mary (date un’occhiata alla nostra rubrica Bottle Service sull’ultimo numero di Italianissimo). Non temete di sedervi ai tavolini dello storico Grancaffè Quadri, all’ombra dei portici di Piazza San Marco: la famiglia Alajmo gli ha ridato lustro (aggiungendo un ristorante e un bistrot) con il suo celebre Cappuccino salato che qui diventa di laguna; è invece di seppie al nero con piselli la versione declinata da Amo, il loro salotto all day dentro T Fondaco dei Tedeschi dove sostare durante una pausa dallo shopping anche solo per addentare la pizza fritta con mortadella. Un’alternativa informale per una sera d’estate? Uno degli Spritz di Hostaria in Certosa. Andate a scoprire Venissa, sull’isola di Mazzorbo: una vigna murata di Dorona di Venezia (antica varietà autoctona), un wine resort con poche accoglienti camere, una cucina – quella di Chiara Pavan e Francesco Brutto – che mette al centro orto e laguna nel segno della sostenibilità. Gli stessi valori che troverete Al Covo, importante tavola capace di evolversi con intelligenza, valorizzando il miglior pescato e le verdure di Sant’Erasmo, patria del carciofo violetto, dove un gruppo di ristoratori ha recuperato un terreno abbandonato grazie al progetto Osti in Orto. Di rinascita parla pure l’Edipo Re, storica e fascinosa imbarcazione tornata a navigare: un’esperienza memorabile per esplorare Venezia dall’acqua e assaggiare bocconi preparati dagli chef a bordo (tra cui molti di quelli già menzionati), dagli scampi in saor al baccalà mantecato.

Da scoprire: Moeche

Parola veneta che sta a indicare qualcosa di molle, le moeche sono i granchi verdi che vengono catturati durante il periodo della muta (in primavera e in autunno), ovvero quando cambiano il carapace e diventano, appunto, morbidi. La morbidezza è la vera peculiarità di questa prelibatezza della cucina lagunare annoverata tra i presidi Slow Food, pescata dai moecanti soprattutto nelle zone di Chioggia, Giudecca e Burano. Si tratta di una pesca antichissima che solo pochi sanno fare e i cui segreti vengono tramandati di padre in figlio, una tradizione ittica messa a rischio dai cambiamenti climatici e dall’invasione delle meduse, criticità che spiegano la continua crescita delle quotazioni nel mercato ittico. Considerate le “pepite di Venezia”, le moeche si possono consumare pastellate e fritte per essere solitamente servite con la polenta bianca oppure avvolte in un cartoccio da passeggio, ma c’è chi preferisce condirle semplicemente con olio, aglio e prezzemolo. In quest’ultimo caso, le più adatte si chiamano masanete: sono i granchietti femmina che si distinguono dal maschio per l’addome ripiegato a forma di cuore.

Maggiori informazioni

In apertura: il Cappuccino dedicato alla laguna veneziana del Ristorante Quadri (ph. Alajmo S.p.A.)

Leggi anche: Le nuove città del cibo

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