In Barolo, come in Borgogna, il cru è la dimensione decisiva nella quale s’inscrive l’identità di un vino d’eccellenza. E la valorizzazione delle menzioni geografiche emerge in maniera evidente nel numero di zeri totalizzati dagli investimenti su terra e vigneti tra Castiglione Falletto e La Morra, tra Serralunga e Monforte d’Alba. Il focus sui microterroir è uno degli elementi distintivi nel variegato portafoglio di Vietti. La storica azienda di Castiglione Falletto – fondata a fine Ottocento da Carlo Vietti raccogliendo due secoli di tradizione vitivinicola della sua famiglia – ci crede tanto da non limitarsi alla moltiplicazione dei cru di Barolo, estendendo il focus anche su Barbaresco e Barbera. Non è un caso che Luca Currado Vietti, quinta generazione alla guida della cantina assieme alla moglie Elena Penna, abbia scelto nel 2016 di cedere la proprietà a Krause Holding con l’intento dichiarato di «realizzare un nuovo sogno», ovvero arricchire il patrimonio aziendale con nuovi cru di pregio arrivando a possedere vigneti in 10 degli 11 comuni della denominazione Barolo.
La “cultura del terroir”
Frutto dell’esperienza di cinque generazioni di viticoltori nelle Langhe e oltre, i vini Vietti sono oggi custodi della grande tradizione piemontese. Se la prima etichetta arriva con la terza generazione, la famiglia ha investito sui rossi importanti – come Barolo, Barbera e Barbaresco – ma anche sui bianchi di prestigio come il Roero Arneis, vinificato per la prima volta in purezza nel 1967. L’imprinting familiare che potrebbe esser definito “cultura del terroir” vive uno slancio dal 1960, quando Alfredo Currado e la moglie Luciana Vietti prendono le redini dell’azienda aprendola ai mercati internazionali e alle collaborazioni artistiche in etichetta. Enologo brillante e appassionato d’arte, Currado viene ricordato come un «ricercatore di vigne speciali». Affascinato da un vitigno quasi dimenticato e utilizzato solo come taglio, l’Arneis, scelse di vinificarlo in purezza e a secco. Risalgono dunque al 1967 le prime 4mila bottiglie di quello che sarebbe diventato il Roero Arneis, con riconoscimento della Doc nel 1985 e della Docg nel 2005. Le scelte controcorrente tornano come una costante anche con Luca Currado Vietti, figlio di Alfredo. Dopo importanti esperienze in Francia e California, da enologo sceglie di non ripiantare Nebbiolo in uno dei vigneti più vocati dell’azienda, ma mette a dimora barbatelle di Barbera convinto della vocazione del terroir e nasce così la Barbera Vigna Scarrone, uno dei vini più famosi dell’azienda insieme alla Barbera Vigna Vecchia Scarrone (sempre mantenuto come cru). È invece la passione della moglie Elena Penna per il Timorasso, vitigno autoctono dei colli tortonesi, ad aver spinto Vietti all’acquisto di 9 ettari dedicati alla produzione di quello che in cantina definiscono “Barolo Bianco”. La prima annata di Derthona Timorasso Doc è del 2018, in uscita nel 2020.
La “collezione” di cru in Barolo
È però il “medagliere” dei cru di Barolo che è in bella vista nella bacheca dell’azienda Vietti. «Da un lato abbiamo avuto la fortuna di esser stati preceduti da generazioni lungimiranti – osserva Luca Currado Vietti – le quali hanno scelto di comprare appezzamenti anche piccoli in quasi tutte le aree più vocate. Poi noi abbiamo ampliato il portafoglio e oggi possiamo vantare etichette da 10 cru sugli 11 del Barolo». E l’annata 2018, da poco immessa sul mercato, segna il debutto del Barolo Cerequio e del Monvigliero. Quest’ultima, in particolare, è una menzione oggi in auge e in effetti «siamo felici di aver potuto cogliere l’opportunità di avere un piccolo vigneto anche lì – ammette Currado Vietti – grazie all’intervento di un gruppo di investitori che ha acquisito il terreno, affidandocelo in gestione. Non è una questione di moda, ma riteniamo che abbia un carattere unico e infatti abbiamo lavorato diversamente in cantina». Il profilo del Monvigliero2018 è infatti completamente diverso da quello degli altri cru. Vinificato a grappolo intero per valorizzare le uve meno tanniche, si presenta con un profilo vicino alla Borgogna, tannini raffinati e in bocca è una sintesi tra sensazioni di ciliegia e cacao con aromi agrumati e speziati. Il Cerequio si presenta invece con un tannino più astringente e ancora contratto, ma spiccano toni balsamici che rendono raffinata la beva; è altrettanto equilibrato, ma la melodia è costruita su tonalità completamente differenti. Attraversando gli altri cru, il Brunate 2018 è carnoso con toni ematici e una buona freschezza, il Ravera è snello, minerale e balsamico, ma ugualmente carnoso, il Rocche di Castiglione sfodera sapidità e toni erbacei, ma è il Lazzarito che ammalia con una finezza elegante, profondità che oscilla tra erbe aromatiche e cacao, con finale delicatamente sapido.
Un vermouth da Barolo, secondo tradizione
Vietti ha scelto di dedicarsi anche al mondo spirits con una linea che porta il nome di Elena, uscendo con un Vermouth rosso da vino Nebbiolo e con un Gin focalizzato sulle botaniche in prevalenza piemontesi, ma soprattutto con un Vermouth Superiore che è il vero gioiello di famiglia. Nato da un percorso personale creativo e produttivo di Elena e Luca Currado Vietti dedicato al Vermouth, il Superiore è una sfida già nell’utilizzo del Barolo Ravera Vietti 2018 al 75%, un vino nobile per un prodotto che riprende appieno la tradizione. «Si sarebbero potute scegliere scorciatoie produttive utilizzando vini meno nobili, ma abbiamo voluto tornare davvero alle origini del Vermouth con un prodotto di eccellenza assoluta», rimarcano i creatori. Alla base costituita da Ravera 18 e Roero Arneis (altro vino che ha segnato la storia dell’azienda) viene miscelata una selezione di botaniche (principalmente piemontesi) e spezie macerata in alcol.