È passato il tempo dei “vinoni” concentrati e corpulenti, magari segnati da affinamento marcante (in legno nuovo) e morbidezze ruffiane? Probabilmente non ancora, perché la fascia di consumo per questi vini è ancora prevalente su scala globale e, per ragioni anagrafiche, ha maggiore capacità di spesa. Eppure il profilo dei calici à la page tra i più giovani e tra i winelover di lungo corso è più snello e meno muscolare, più slanciato e flessuoso.
Richiamando la transizione verso la Borgogna da un passato di affezione verso Bordeaux, il Master of Wine Andrea Lonardi ha indicato come “pinosophy” la tendenza di molti produttori (e di qualche denominazione) verso vinificazioni più agili, con meno estrazione e più bevibilità, capaci di richiamare quella freschezza che non rinuncia alla personalità con cui il Pinot nero sta conquistando i palati nel mondo. Ecco allora una (per forza di cose parziale) selezione di 13 assaggi intriganti dal Vinitaly, che ha confermato Verona come capitale del vino made in Italy.
Casa Setaro – Fuocoallegro Vesuvio Piedirosso Doc
Se già il piedirosso è un vitigno affascinante per l’innata freschezza, a Casa Setaro ne fanno un piccolo gioiello che deriva da vigne vecchie a piede franco a 300 metri sul Vesuvio. La fermentazione è preceduta da una criomacerazione e seguita da un affinamento in anfora e botti grandi per 12 mesi. Il Fuocoallegro ha dentro la freschezza del vulcano, un ossimoro elegante che sa di spezie, frutti rossi e tabacco. Vino di struttura e lunghezza, eppure levigato e sottile.
Castello di Grumello – Medera Igt Bergamasca
L’uva merera è un autoctono bergamasco e Tenuta Castello di Grumello è, al momento, l’unica cantina a imbottigliare questa tipologia di vino. Scambiata talvolta per moscato di Scanzo o cabernet franc, la merera ha acini piccoli dalla buccia fine, un frutto acido e poco zuccherino, un colore brillante ma non carico. Ecco le caratteristiche che oggi rilanciano il vitigno, che l’azienda bergamasca vinifica in acciaio mantenendo la linearità frutto-calice. Pepato e croccante, è un vino che fa delle note erbacee una ricchezza e che induce al sorso successivo.
Fattoria Zerbina – Pietramora Romagna Doc Sangiovese Riserva Marzeno
Imbottigliato solo nelle annate ritenute all’altezza, il Pietramora coniuga l’eleganza e il carattere del sangiovese di Romagna, con un tocco di ancellotta (non sempre e mai oltre il 3%) a completarne il profilo. Vinificato parte in tonneau di rovere francese e parte in acciaio, affinato in barrique (prevalentemente usate), ha la complessità della Riserva senza alcuna pesantezza. Il calice restituisce eleganza, tra frutti rossi e torba, mentre la spezia si ritrova in un sorso sapido e teso.
Gallo – DiveRso Acqui Docg
Vi ricordate il Brachetto d’Acqui dolcino e aromatico che osservato con l’occhio del bevitore contemporaneo potrebbe risultare demodé? Bene, dimenticatelo. Il DiveRso di casa Gallo mostra come il vitigno possa riservare sorprese piacevoli per finezza e facilità di beva. Vinificato solo in acciaio, affinato un anno in bottiglia, questo Brachetto strizza l’occhio al pubblico giovane. E convince.
Gorghi Tondi – Dumè Frappato Sicilia Doc
Dumè in siciliano significa “il nostro” o “alla nostra maniera”. E questo Frappato in purezza rispecchia un approccio quasi scanzonato della cantina Gorghi Tondi a una varietà antica dell’isola per lungo tempo sottostimata. Il vino è brillante nel calice, con bella trasparenza e sfumature granate. È un rosso fresco, vibrante, che spingendosi tra bacche rosse e melograno si fa bere con spensieratezza anche d’estate, leggermente freddo.
Madrevite – C’Osa Gamay del Trasimeno Riserva
Quanto è bella la grenache del Trasimeno, con quella freschezza spigliata senza smancerie che fa scorrere il sorso. Da Madrevite la fermentazione spontanea è seguita dalla macerazione sulle bucce con un 20% di uve a grappolo intero, ma il corpo del vino viene poi affinato per sei mesi in cemento, 12 mesi in botti grandi e cemento e poi ancora sei mesi in bottiglia. Il risultato è un calice scarico di colore, ma ricco nella freschezza speziata e nel frutto rosso carnoso e vibrante.
Ômina Romana – Cesanese Lazio Igp
Raccontato a fine Ottocento come il “Pinot del Lazio”, il Cesanese è un vitigno autoctono capace di flessuosità e slancio. Il colore rubino tende al granato con l’invecchiamento, mantenendo però una scarsa concentrazione. In Omina Romana si tende a lavorare il vitigno con piglio internazionale – fermentazione in acciaio, malolattica in tini di rovere, affinamento in barrique con frequenti bâtonnage – ma questo non toglie l’elegante trasparenza del calice e la freschezza minerale. Il sorso è speziato e i tannini levigati.
Tenuta Cafaggiolo – Pinot Nero Toscana Igt Fortuni
Strizza l’occhio alla Borgogna, ça va sans dire, il progetto enoico di questa tenuta tra le colline del Mugello che non a caso lavora essenzialmente pinot nero. Il terroir è favorevole al vitigno, che nel calice trova una felice espressione. Rispetto a qualche anno fa, la cantina ha affinato la mano e alleggerito il legno (presente ma con garbo), raccontando una versione territoriale di pinot nero capace di conciliare frutto e tannini levigati. Nel Cru Fortuni le vigne più vecchie restituiscono un sorso tonico e speziato.
Podere Vito Cardinali – Costa Lisiano Marche Rosso Igt
Ottenuto da uve Lacrima in purezza, raccolte a 200 metri di altitudine su terreni calcarei, racconta la finezza di profumi e l’eleganza dei vini di Morro d’Alba. Frutto di una lunga macerazione e vinificato solo in acciaio, il vino mantiene nel calice una brillantezza raffinata che seduce. Floreale e speziato come è la Lacrima, è però un vino di profondità, sapido e compatto. Niente svenevolezze, c’è il frutto e ci sono le spezie, uniti in un corpo snello. Da conservare in cantina per scoprirne la longevità intrigante.
Scarzella – Grignolino d’Asti Doc
Il grignolino è un vitigno antico e sfidante, troppo spesso trascurato proprio per la caratteristica che invece porta ad u vino intrigante: il tannino. Certo, se vi piacciono i vini dolcioni e morbidi non lo sfiorate nemmeno. Se invece subite il fascino di un sorso che lascia il segno per l’eleganza graffiante, una tensione scarna e una bella trasparenza… Ecco il vostro Grignolino. In casa Scarzella lo lavorano con cura, solo tra acciaio e bottiglia. Nessun ammorbidimento dei tannini, ma la bellezza di un frutto croccante. Il colore vira su toni aranciati, il sorso è più sinuoso di quanto ci si possa aspettare.
Secondo Marco – Valpolicella Classico Doc
Gioventù e bevibilità non ne fanno un vino banale, non fosse altro che per la maturazione (sei mesi in cemento e sei mesi in botte grande) prima della bottiglia che già lo rendono un Valpolicella anomalo. È il vino più veloce secondo Marco Speri, che ha una complessità aromatica legata anche alla macerazione sulle bucce per due settimane, ma che gode di una bella scorrevolezza nel calice. Frutto e spezie rendono in sorso vibrante.
Tenuta Belguardo / Mazzei – Ciliegiolo Maremma Toscana Doc
Che il ciliegiolo trovi in Maremma una culla ideale è cosa nota e questa novità di Tenuta Belguardo – un’assoluta anteprima, non ancora in commercio – lo testimonia chiaramente. Meno rustico e scalpitante di altre etichette, mostra il volto più complesso e raffinato del vitigno, senza per questo perdere di slancio e freschezza. Un vino che sa di mare e di terreni scarni, da bere (fresco) senza fretta ascoltando il rumore della risacca.
Vini Franchetti – Passorosso Etna Rosso Doc
Le uve di nerello mescalese che compongono questo vino dalla personalità forte e dal sorso seducente – elegante e smoky, rischioso come la seduzione – vengono da vigneti quasi centenari tra 550 e 1.000 metri di altitudine sul versante nord del vulcano. E l’Etna si respira in un vino composito, affinato in botti grandi e imbottigliato senza filtrazione, che è ripido e scolpito nella lava.