«I nomi dei vitigni ungheresi sono peggiori di quelli dei mobili Ikea», mi disse una volta un collega, senza sapere che stava parlando con una svedese. Succede.
In effetti – proprio come capita a chi tenta di ricordarsi gli appellativi dei suddetti mobili senza parlare la lingua – i nomi dei circa cento vitigni autoctoni ungheresi suoneranno come uno scioglilingua non indifferente: ezerjò, hàrslevelù, sàrga muskotàly (moscato bianco) per esempio. Più facile suona il nome del bianco furmint, l’uva più coltivata nella regione di Tokaj (attenzione: il vino è invece il “Tokaji”) – dove raggiunge quasi 70 percento della superfice vitata – o quello del rosso Kadarka.
«Durante il comunismo la produzione puntava solo sulla quantità e non sulla qualità», racconta Gal Helga, consulente enogastronomico del Ministero degli Affari Esteri durante la presentazione Zoom organizzata dall’Agenzia nazionale del Turismo Ungherese, mentre mostra una carrellata di zone vinicole e luoghi stupendi da visitare. Perché l’Ungheria non solo si sta confermando come paese produttore di vini di qualità ma sta puntando anche sul turismo enogastronomico. Dopo la caduta del comunismo nel 1989 la situazione ha cominciato a cambiare in meglio e oggi ci sono tutti i presupposti per diventare una “destinazione golosa” in prima linea, anche grazie al clima continentale (con estati calde e inverni freddi) influenzato dal fiume Danubio, che caratterizza il Paese. Ci sono montagne a nord e uno dei laghi più grandi d’Europa, il Balaton, a ovest. I suoli variano da argillosi a sabbiosi per arrivare al nordest del paese, Tokaj, un territorio costellato da più di cento vulcani estinti.
Le 22 zone vinicole distano al massimo due ore e mezzo dalla capitale Budapest. Il Tokaji è sicuramente il vino più noto. Per centinaia di anni è stato uno dei vini dolci più famosi al mondo, bevuto alle corti dei re europei – e non solo. Oggi l’uva furmint viene usata anche per fare vini secchi in stili diversi, come quelli di pronta beva con aromi di agrumi e mela, che con il tempo sviluppano note di frutta secca e miele. L’altro vitigno usato in Tokaj, l’hàrzlevelù, se usato per vini fermi esprime un profilo fruttato con aromi distinti di pesca bianca e zagara. Anche altre cultivar promettono bene, grazie alle moderne tecnologie a disposizione sia in cantina che nei vigneti e a una maggiore conoscenza che consente di piantare l’uva più adatta a ogni terroir.
Da Budapest, oltre a Tokaj, si raggiungono con facilità anche altri posti di grande fascino. Eger, ad esempio, dove c’è il percorso trekking più lungo d’Europa (1.065 km) e dove si producono vini Bikavér, ovvero sangue di toro, ed Egri Csillag, la stella di Eger. Il primo è un rosso corposo mentre il secondo è un blend di quattro vitigni bianchi. Anche intorno al Balaton c’è la possibilità di praticare sport e bere bene: una pista ciclabile lunga 210 km circonda il lago e offre una vasta gamma di vini locali, soprattutto bianchi e secchi.
Quando le gambe sono stanche, il consiglio è di andare a rilassarsi 5 km a nord di Balaton, nella città di Hèviz. Qui c’è il lago termale più grande al mondo, alimentato da sorgenti calde con effetti curativi, circondato da diversi hotel che sarà difficile abbandonare. Qualche esempio? Il Lotus Therme a Hèviz, unico hotel termale a cinque stelle nella località; in un parco di 17 ettari, offre una miriade di piscine, sia interne sia esterne, jacuzzi e saune oltre a un’ampia gamma di trattamenti di benessere e wellness. Ma anche – in una zona differente – l’Andrássy Rezidencia Wine & Spa, a Tokaj: lussuoso complesso con camere dal design quasi nordico e colori naturali e una piscina interna degna della principessa Sissi, offre anche un ristorante ambizioso dove assaggiare piatti locali e un’ampia proposta di vini della regione.
Castelli, sport, laghi e vini di qualità: appena sarà possibile viaggiare di nuovo, sapremo esattamente quale sarà la nostra prossima meta. Con scarpe da ginnastica nella borsa e un calice in mano. Magari comprato da Ikea.